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Cosa ci ha insegnato la pandemia

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Cosa ci ha insegnato la pandemia
(Last Updated On: 27 novembre 2022)

Il documento di consenso degli esperti mondiali

Nulla sarà più come prima! Nuovi modelli si imporranno dopo la pandemia da Covid 19, come del resto è sempre successo dopo ogni evento sanitario di portata mondiale. Dopo l’epidemia degli anni 50 del secolo scorso, sono nate le terapie intensive, inesistenti prima di allora. Qualche differenza ovviamente c’è: SARS-CoV-2 continua a circolare tra noi. Unicef ha realizzato un “dashboard” del mercato Covid ed un nuovo articolo, pubblicato su Nature, afferma che sono ancora necessari sforzi e risorse specifiche per salvare vite umane.

Si tratta di uno dei sei temi d’azione principali che sono stati individuati da un gruppo di 386 esperti, in diverse discipline e di oltre cento Paesi con lo scopo di annullare la minaccia costituita da COVID-19 per la salute pubblica. Oltre 180 organizzazioni di 72 Paesi hanno già approvato i risultati di questo documento di consenso, guidato dall’Istituto spagnolo per la salute globale (ISGlobal), che coinvolge gli ospedali e l’università di Barcellona.

Le strategie per gestire la pandemia hanno evocato nuove azioni da intraprendere: ricostruire la fiducia dei cittadini nei vaccini, contrastare le fake news, coordinare le azioni dei governi nazionali. Sono molte le scelte strategiche identificate dagli esperti per uscire dalla pandemia. Per raggiungere un consenso globale, su come affrontare questi problemi in futuro, i ricercatori si sono impegnati in vaste consultazioni, che hanno portato a una lista di 41 affermazioni e 57 raccomandazioni.

Le modalità operative sono raggruppate in sei aree di intervento principali: comunicazione, sistemi sanitari, vaccinazione, prevenzione, trattamento e diseguaglianze.  L’enorme lavoro di valutazione, che ha utilizzato la metodologia Delphi per il raggiungimento del consenso, ha visto anche la partecipazione dell’Italia, con l’Università di Cassino e l’Università Cattolica di Roma.

Tra quelle che hanno ottenuto i punteggi più alti ci sono: a) l’adozione di strategie che coinvolgano l’intera società, con un approccio multidisciplinare; b) il coordinamento tra i vari ministeri a livello dei singoli Governi e c) l’adozione su larga scala dei vaccini, insieme ad altre misure di prevenzione. Altre raccomandazioni che hanno raggiunto almeno il 99% del consenso, includono una comunicazione efficace, la ricostruzione della fiducia pubblica ed il coinvolgimento della comunità.

Sebbene tutti mettano i vaccini al centro della strategia di contenimento, il 97% degli esperti ritiene che da soli non siano sufficienti e che si debbano mettere in piedi altre misure preventive, dal potenziamento dei presidi sanitari al distanziamento sociale in aggiunta ai dispositivi di protezione individuale, secondo quella che è stata battezzata «strategia vaccino più». A ottobre 2022 sono stati segnalati più di 630 milioni di casi di COVID-19 e oltre 6,5 milioni di decessi (anche se il numero reale di morti è stato stimato in oltre 20 milioni!).

Numerosi pazienti affetti da cancro e malattie croniche hanno subito pericolosi ritardi nell’assistenza sanitaria e il “long covid” continua a sfuggire alle cure definitive, rappresentando una minaccia continua per i sopravvissuti. Inoltre, il virus continua ad accumulare mutazioni che lo rendono in grado di eludere meglio la precedente immunità. Ecco perché molti leader della sanità pubblica, compresi gli autori del documento, continuano a considerare la Covid-19 come una minaccia persistente e pericolosa per la salute globale.

In Italia, nemmeno un terzo delle persone appartenenti alle categorie a cui si raccomanda con maggior forza di sottoporsi ad un secondo richiamo, ha accettato l’invito. Alla quasi unanime, per certi versi sorprendente, risposta della campagna vaccinale iniziale, che ha permesso al nostro Paese di raggiungere una copertura, anche con la terza dose, tra le più alte al mondo, è seguita una fase di indifferenza, se non di rifiuto, della vaccinazione stessa.

Le decisioni in questo campo spesso non sono definitive. Abbiamo visto, già prima della pandemia, genitori che si erano opposti alle iniezioni per il primo figlio tornare sui propri passi, dopo la nascita del secondo o, forse più spesso, è avvenuto il contrario. Dovevamo immaginare che potesse non essere definitiva l’adesione di una popolazione che solo pochi mesi prima aveva accettato più o meno volentieri una nuova vaccinazione, per un virus sconosciuto, con un prodotto realizzato con una tecnica del tutto innovativa che di per sé poteva suscitare timore, dato il richiamo a materiale genetico sconosciuto alla maggior parte dei cittadini.

Nella comunicazione sui vaccini, alla preoccupazione per l’immunità che cala in una popolazione a rischio esposta a un’alta circolazione del virus, si affianca oggi l’interesse per un fenomeno comportamentale che potrebbe sembrare strano. Perché mai chi si è fidato delle istituzioni e della scienza nel 2021 dovrebbe, oggi, rifiutare il proprio consenso ad un invito che proviene da quelle stesse fonti? La “esitazione vaccinale” rappresenta un fenomeno complesso, in cui interagiscono molti determinanti che variano nel tempo, come i movimenti no-vax che rappresentano solo una componente del tutto minoritaria.

Guardando alle cosiddette tre C del dubbio sull’immunoprofilassi (convenience, confidence, complacency), osserviamo come nei due anni di disponibilità dei vaccini anti covid, il peso relativo di questi tre fattori sia cambiato. Nella primissima fase, c’è stato in molte regioni un problema di “convenience”: accedere ai vaccini era difficile. Molti anziani trovavano ostica la prenotazione sulle piattaforme elettroniche. In Lombardia, per una serie di disguidi, molti erano mandati in centri lontani da casa, con pochissimo preavviso.

Questi ostacoli iniziali, presto superati, hanno dato il via alla campagna vaccinale, partita in maniera spedita ed efficiente, portando il nostro paese in cima alle classifiche globali, per percentuale di popolazione vaccinata, adolescenti compresi. La paura nei confronti del virus era grande, soprattutto nelle categorie a rischio; la voglia di tornare a vivere senza limitazioni era ancora più forte. La promessa, ripetuta da istituzioni e scienziati, che con i vaccini saremmo tornati “alla normalità”, ha convinto anche molti reticenti.

Poi è arrivata omicron e il vaccino ha perso quell’aura un po’ magica che una comunicazione troppo miracolistica le aveva dato. La confusa informativa riguardante i nuovi richiami, con vaccino mono o bivalente e con l’aggiunta della componente BA.1 o BA.4/5, ha fatto il resto. Anche la terza “C” tiene lontani dalle nuove dosi: la “complacency”, la sottovalutazione del pericolo rappresentato dal virus, da molti mesi viene dipinto come “mild”.

Il confronto ha assunto i toni di un dialogo tra guelfi e ghibellini: avversari storicamente inconciliabili. Tra i medici ci sono da un lato i sostenitori della vaccinazione di massa, alcuni dei quali scherniscono chi difende l’importanza di un trattamento precoce; dall’altro alcuni, rivendicando il loro ruolo sul territorio rispetto agli ospedalieri, talvolta lasciano intendere al pubblico che le cure domiciliari possano essere in qualche modo un’alternativa all’immunizzazione. Non è così e non ci dovrebbe essere bisogno di sottolineare che la contrapposizione non ha alcun senso.

Errori di valutazione: il più grave è quello di sottostimare l’infezione. Oggi, grazie alla vaccinazione di massa degli anziani, l’età media dei contagiati è scesa sotto i trent’anni e possiamo affermare che ben oltre il 99% dei contagiati guarisce da Covid-19. Davanti a questo dato, l’attenzione dedicata alla pandemia può sembrare eccessiva. Il continuo appello alla vaccinazione appare spropositato. Anche sorvolando sulle conseguenze a medio e lungo termine dell’infezione, in verità è del “long covid” che si parla troppo poco.

Il vaccino non può impedire completamente il rischio di trasmissione, ma lo riduce, così come limita moltissimo la possibilità di ammalarsi, soprattutto di forme gravi. Curare va bene, ma non è dubbio che la prevenzione costituisca l’approccio da preferire. Un virus respiratorio con un R0 elevato, come la variante Delta di SARS-CoV-2, se non viene contenuto con misure come i vaccini, dilaga così rapidamente da rendere impossibile qualunque trattamento. Per pensare ad un’alternativa, occorrerebbe avere farmaci antivirali a disposizione di tutti, facili da somministrare ai primi sintomi, e di provata efficacia nel sopprimere l’infezione.

Abbiamo prove inequivocabili dell’efficacia dei vaccini (centinaia di milioni di persone trattate, nel mondo); non altrettanto si può dire delle cosiddette “cure domiciliari”. Attualmente subiamo un’illusione ottica, provocata dalla combinazione di bassa letalità e alta contagiosità del virus. Ci vogliono dati significativi, dal punto di vista statistico, che non si ottengono sommando l’aneddotica di un gruppo di clinici.

Sul fronte delle terapie ospedaliere, intanto, è possibile che si dimostrino utili altri farmaci, oltre agli steroidi e agli anti IL6. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha appena dato il via a nuovi trial nell’ambito di un’iniziativa denominata Solidarity PLUS. Migliaia di ricercatori, in oltre 600 ospedali di 52 Paesi, proveranno a utilizzare contro Covid-19 tre farmaci già approntati: l’antimalarico artesunato, l’antineoplastico imatinib e l’anticorpo monoclonale infliximab.

Tutti sperano che anche altri prodotti si rendano disponibili non solo per curare i pazienti in ospedale, ma anche per prevenire il ricovero. Trovare trattamenti efficaci è fondamentale, ma in nessun modo questi possono vanificare il ruolo essenziale dei vaccini. Allo stesso tempo, i vaccini da soli non bastano, perché ci sarà sempre qualcuno “non responder”, capace di sfuggire alla loro protezione.

Sono entrambi strumenti indispensabili, perché complementari!

BIBLIOWEB:

Dashboard del mercato COVID-19 https://www.unicef.org/supply/covid-19-market-dashboard
Lazarus, J.V., Romero, D., Kopka, C.J. et al. A multinational Delphi consensus to end the COVID-19 public health threat. Nature (2022). https://doi.org/10.1038/s41586-022-05398-2
Instituto de Salud Global de Barcelona (ISGlobal) https://www.isglobal.org/en https://www.isglobal.org/en/about-us
Malattia Renale Acuta e Covid https://newmicro.altervista.org/?p=9403
Screening: meno Covid più tumori https://newmicro.altervista.org/?p=9172
Covid: Ecdc spiega effetto paradosso https://newmicro.altervista.org/?p=8921
Covid-19 e salute di genere https://newmicro.altervista.org/?p=8894
OCSE Focus Pandemia http://newmicro.altervista.org/?p=8877
Long Covid https://newmicro.altervista.org/?p=8805
Vaccini anti-Covid: tutto chiaro? https://newmicro.altervista.org/?p=8428
Un accesso globale ai vaccini anti Covid-19 https://newmicro.altervista.org/?p=8409
BES 2020: la frenata Covid https://newmicro.altervista.org/?p=8328
Covid e Vaccinazioni https://newmicro.altervista.org/?p=8122
LG Covid: Gravidanza, parto, allattamento e bimbi 0-2 anni https://newmicro.altervista.org/?p=8302
Covid Insegna https://newmicro.altervista.org/?p=7359
COVID News http://newmicro.altervista.org/?p=7341
Covid 19 Test sierologici http://newmicro.altervista.org/?p=7319
Coronavirus Update https://newmicro.altervista.org/?p=7004
COVID-19 Il silenzio degli innocenti http://newmicro.altervista.org/?p=7288
Ancora Covid 19 http://newmicro.altervista.org/?p=7213
COVID-19 Test di Laboratorio http://newmicro.altervista.org/?p=7193
Emergenza COVID-19: UNI per Noi http://newmicro.altervista.org/?p=7184
Coronavirus, Mascherine e Immunodepressi http://newmicro.altervista.org/?p=7169
EBM COVID 19 http://newmicro.altervista.org/?p=7146

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Sandro Pierdomenico

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