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Test Lab per HLH secondaria

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Test Lab per HLH secondaria
(Last Updated On: 2 novembre 2023)

Malattie immunitarie. Bambino Gesù, la citofluorimetria si fa strada  

Uno dei “desiderata” del quesito diagnostico è disporre di un esame di laboratorio che aiuti o, meglio confermi la patologia sospettata, specie se la patologia è rara e, di conseguenza la diagnosi differenziale è complessa. Tra le malattie “difficili” una attenzione particolare merita la  linfoistiocitosi emofagocitica (HLH) secondaria, una rara e grave sindrome iper-infiammatoria, fino ad oggi molto impegnativa da individuare.

La linfoistiocitosi emofagocitica (HLH) è una malattia caratterizzata da un’eccessiva attivazione dei macrofagi, cioè delle cellule spazzino che abitualmente eliminano quelle infettate, ma che in questa malattia agiscono anche contro le cellule sane. Ne deriva una iperinfiammazione sistemica culminante in una insufficienza multiorgano. È una patologia che può essere mortale, se non diagnostica e trattata per tempo. Per questo è importante riconoscerla subito, cosa fino ad oggi molto difficile.

Per fortuna attualmente un semplice esame di laboratorio si rivela in grado di diagnosticare e predire la gravità di questa patologia. Una chance resa possibile grazie allo studio condotto dall’Ospedale Bambino Gesù di Roma, che ha individuato una sottopopolazione di linfociti T molto aumentata nei pazienti con HLH secondaria e capace di identificare tali pazienti.

La presenza di questa particolare sottopopolazione di linfociti T nel sangue, consente di diagnosticare la malattia, caratterizzata da un’eccessiva attivazione dei macrofagi e predirne la gravità. La scoperta ha implicazioni cliniche rilevanti, che cambieranno la diagnosi e la gestione dei pazienti con HLH.

Esistono due forme di linfoistiocitosi emofagocitica: la primaria o familiare e la secondaria o acquisita. La prima ha una causa genetica, mentre la seconda può presentarsi come complicanza di diverse patologie. I fattori scatenanti possono essere le infezioni virali (ad esempio la Sindrome Infiammatoria Multisistemica o MIS-C, causata dal Covid-19), le neoplasie maligne, le immunodeficienze, le malattie metaboliche e le malattie auto-infiammatorie.

Quando l’HLH secondaria è associata alle malattie reumatiche, viene comunemente chiamata sindrome da attivazione macrofagica (MAS). Lo studio, pubblicato sulla rivista Blood, condotto dall’area di ricerca di Immunologia, in collaborazione con quella di Oncoematologia, ha dimostrato che nel sangue dei pazienti affetti da HLH secondaria esiste una specifica sottopopolazione di T che consente di diagnosticare la malattia in maniera affidabile e di prevederne l’evoluzione.

La ricerca è stata condotta sulle cellule del sangue periferico di 99 pazienti pediatrici, di cui 46 con HLH secondaria. Il laboratorio è risultato essenziale. Per l’indagine dei campioni è stata utilizzata la citofluorimetria o citometria a flusso, una tecnica multiparametrica che fornisce, per ogni cellula, numerosi dati (vitalità, dimensioni, complessità, fenotipo).

I risultati. Lo studio ha dimostrato che nei pazienti con HLH secondaria i linfociti T attivati (esprimenti i marcatori di membrana CD38, HLA-DR e CD8) sono presenti in numero nettamente superiore, rispetto a quello riscontrato in pazienti con malattie auto-infiammatorie, quali i pazienti con artrite idiopatica giovanile sistemica. I ricercatori hanno inoltre identificato una nuova sottopopolazione cellulare di linfociti T (chiamata CD4dim CD8+), il cui numero predice la gravità della HLH secondaria. Più questa sottopopolazione cellulare è numerosa, più grave sarà la prognosi.

Nuovi scenari. I risultati dello studio hanno immediate ricadute sulla diagnosi e sulla presa in carico dei pazienti con HLH secondaria. È ora possibile, con un semplice test di laboratorio, diagnosticare con grande affidabilità ed in tempi molto brevi la malattia e la sua evoluzione. Questo consente una presa in carico precoce, fondamentale per iniziare rapidamente i trattamenti più appropriati e quindi per migliorare la prognosi.

Uno degli aspetti più importanti dei risultati ottenuti con questo studio, è l’immediata traslazionalità. Vale a dire che è possibile, come si sta già facendo presso il Bambin Gesù, trasferire subito i risultati nella pratica clinica, a tutto vantaggio dei bambini e delle loro famiglie. Non è sempre facile riconoscere l’HLH attraverso i sintomi e i classici esami di laboratorio, soprattutto all’esordio. L’individuazione di questa popolazione cellulare è invece capace di effettuare precocemente la diagnosi e migliorare la prognosi.

Un risultato importante, pensando alle possibilità offerte dai nuovi famarci biologici, come l’anticorpo monoclonale emapalumab. Il Bambin Gesù ha già coordinato, in passato, “trial clinici” sull’uso di questo farmaco per l’HLH primaria. Una ulteriore sperimentazione clinica, per il trattamento del HLH secondaria, si è da poco conclusa. I risultati sono stati presentanti in anteprima al congresso europeo di reumatologia EULAR 2022 (1-4 giugno 2022 – a Copenaghen, Danimarca).

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Paolo Paparella

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