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Whistleblowing!

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Whistleblowing!
(Last Updated On: 18 novembre 2023)

Con il termine di origine anglosassone whistleblowing si fa riferimento a “soffiare il fischietto“: alcuni riconducono il vocabolo all’azione del dei poliziotti per segnalare la commissione di un illecito, altri che derivi dal fischio dell’arbitro quando rileva un fallo. Dal punto di vista giuridico, il whistleblowing è la denuncia o la segnalazione di una illegalità, da parte di un soggetto interno ad un’azienda o ad un ente pubblico, evidenziata durante lo svolgimento delle proprie mansioni lavorative.

Nel mondo anglosassone la figura del whistleblower, ossia di chi “soffia il fischietto” nei termini descritti, è tutelato da quasi trent’anni. Dal 2017 è una realtà giuridica anche in Italia,  in recepimento della Direttiva UE 2019/1937, formalizzata dalla legge n. 179 del 2017, che definisce alcune tutele in favore del dipendente (pubblico o privato) che, a causa e nello svolgimento delle proprie mansioni, si accorge che un collega o un superiore sta commettendo un illecito.

Grazie a questa legge, il segnalante è protetto dall’anonimato (salvo casi particolari) e non può essere licenziato né sanzionato a causa della segnalazione stessa. Un’inversione di rotta importante, quindi, in un paese in cui è ancora tanta la paura a denunciare, per timore di ritorsioni. Naturalmente, come precisato dalla Cassazione (con sentenza del 2018), i dipendenti non sono tenuti ad “investigare” attivamente per scovare un eventuale “colpevole”. La legge non impone obbligo di segnalazione, si limita ad approntare le giuste tutele per chi decide di assumersi questa responsabilità.

Come anticipato, il whistleblowing è disciplinato dalla normativa n. 179/2017: “…disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato.” L’introduzione della legge ha comportato la modifica:

- del decreto legislativo n. 165/2001, contenente le “norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche“;
- del decreto legislativo n. 231/2001, riguardante la “disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle  associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300“.

Come funziona. La legge sul whistleblowing prevede che, nel momento in cui un pubblico dipendente, nell’interesse della pubblica amministrazione, segnala al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (art. 1, comma 7, legge n. 190/2012) o all’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) o denuncia all’autorità giudiziaria ordinaria o a quella contabile, condotte illecite di cui è venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro, “non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro determinata dalla segnalazione.”

Nel caso in cui nei confronti del segnalante vengano adottate misure ritorsive, l’interessato o le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell’amministrazione in cui si sono verificate, ne deve dare comunicazione all’ANAC, che a sua volta informa il Dipartimento della Funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri o gli altri organismi di garanzia e disciplina, per adottare eventuali provvedimenti.

Whistleblower. Chi è? Dal termine “whistleblowing” deriva il sostantivowhistleblower”, ossia colui che, all’interno di un posto di lavoro, denuncia illeciti scoperti in virtù di tale rapporto. La tutela dei segnalatori è assai elevata negli Stati Uniti, grazie al “Whistleblower Protection Act”, una legge del 1989, che li protegge da possibili ritorsioni.

In Italia, sempre l’art. 54 bis, al comma 2 del D.lgs n. 165/2001, precisa che, per dipendente pubblico, a cui è applicabile la tutela prevista in caso di segnalazione si deve intendere:

- l’impiegato presso le amministrazioni pubbliche elencate all’art. 1 del D.lgs 165/2001;
- chi opera presso un ente pubblico economico;
- chi è alle dipendenze di un ente di diritto privato, sottoposto a controllo pubblico, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile;
- chi lavora o collabora nelle imprese che forniscono beni o servizi e che realizzano opere per la pubblica amministrazione.

Tutele nel settore pubblico. La Legge 179/2017 tutela il segnalante, vietando di diffondere la sua identità, nell’ambito del procedimento penale, instaurato davanti alla Corte dei conti e di quello disciplinare, salvo casi particolari. La legge vieta alle pubbliche amministrazioni di adottare misure discriminatorie nei confronti dei segnalatori, prevedendo sanzioni da 5.000 a 30.000 euro, a carico del responsabile. Sono punite inoltre la mancata o illegittima gestione della segnalazione e la mancata verifica e analisi della stessa, con sanzioni che vanno da 5.000 a 10.000 euro.

Sono infine considerati nulli gli atti discriminatori o ritorsivi adottati in seguito alle suddette segnalazioni. In caso di licenziamento del segnalante, è prevista la reintegra nel posto di lavoro. Le suddette tutele tuttavia “…non sono garantite nei casi in cui sia accertata, anche con sentenza di primo grado, la responsabilità penale del segnalante per i reati di calunnia o diffamazione o comunque per reati commessi con la denuncia di cui al comma 1, ovvero la sua responsabilità civile, per lo stesso titolo, nei casi di dolo o colpa grave“.

Nel settore privato. La tutela di chi segnala illeciti all’interno del settore privato sono invece previste dall’art. 2 della 179/2017, prevedendo che:

- devono essere predisposti uno o più canali di tutela della riservatezza del segnalante, al fine di consentire segnalazioni circostanziate di condotte illecite, fondate su elementi di fatto precisi e concordanti o di “violazioni del modello di organizzazione e gestione dell’ente, di cui siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte“;
- deve essere avviato un canale alternativo informatico di segnalazione, che garantisca la riservatezza del segnalante;
- il divieto di atti di ritorsione o discriminatori, diretti o indiretti, legati alla segnalazione e devono essere previste sanzioni nei confronti di chi viola la tutela del segnalante e di chi effettui segnalazioni infondate, con dolo o colpa grave.

Il comma 2 ter dell’art 2 prevede inoltre che l’adozione di misure discriminatorie, nei confronti dei segnalatori, possa essere denunciata all’Ispettorato nazionale del lavoro dal segnalante o dall’organizzazione sindacale da lui indicata. Ai sensi del comma 2-quater art 2, infine, è nullo il licenziamento ritorsivo così come il mutamento e l’adozione di qualsiasi altra misura discriminatoria. Spetta al datore di lavoro dimostrare che tali provvedimenti non sono conseguenza della segnalazione!

Del whistleblowing si occupa anche il Garante Privacy (parere positivo del 24.1.2023). Il decreto legislativo n. 24/2023 rafforza le tutele per chi denuncia le condotte illecite in violazione della legislazione Ue, senza grandi differenze tra settore pubblico e privato, garantendo il whistleblower dal pericolo di comportamenti ritorsivi. In vigore dal 30 marzo 2023, il decreto è operativo dal 15 luglio, mentre per i soggetti del settore privato vale l’obbligo di istituire un canale di segnalazione interno, a decorrere dal 17 dicembre 2023.

Sono quindi rafforzati i principi di trasparenza, responsabilità e prevenzione, in ambito comunitario, con riferimento a settori “cruciali”, ben indicati dalla direttiva (i.e. appalti pubblici, servizi finanziari, sicurezza dei prodotti e dei trasporti, ambiente, alimenti, salute pubblica, privacy, sicurezza della rete e dei sistemi informatici, concorrenza).

BIBLIOWEB:

Legge n. 179/2017 whistleblowing (PDF)

Un Click per Leggere

Direttiva UE 2019/1937 (PDF)

Un Click per Leggere

Parere Garante Privacy 24.01.2023 (PDF)

Un Click per Leggere

Decreto Legislativo  n. 24/2023 (PDF)

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Giovanni Casiraghi

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