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Terapie Oncologiche di Genere

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Terapie Oncologiche di Genere
(Last Updated On: 25 ottobre 2023)

Diverse le tempistiche nei due sessi. L’impatto della realtà virtuale

Uomini e donne non reagiscono con le stesse tempistiche alla diagnosi di cancro. Diversi studi condotti sui “cancer survivors” mostrano che le donne sono maggiormente colpite da distress psicologico, rispetto agli uomini. Una ricerca dell’Ente “Ospedali Galliera” di Genova suggerisce che, in realtà, la questione è più complessa: nei due generi il picco di stress è raggiunto in momenti diversi della malattia. Poiché questo influisce sulle abilità di affrontare (“coping”) la patologia, tenere conto delle diverse traiettorie di distress potrebbe migliorare l’assistenza psicologica.

Lo studio ha arruolato 305 cancer-survivors (199 donne e 106 uomini) che sono stati invitati a partecipare a un colloquio di 20-30 minuti con uno psico-oncologo/psico-terapeuta, prima della visita medica di follow-up. Durante questa seduta lo specialista ha valutato sia il livello di distress, usando il parametro del distress psicologico (basato su una scala analogica visiva), sia il livello di fatigue, utilizzando sistema di valutazione dei sintomi di Edmonton modificato (ESAS-r), uno strumento validato e molto utilizzato in oncologia.

Durante il follow-up, della durata media di 16 mesi, i partecipanti allo studio hanno effettuato 1,9±1,2 visite a testa, con un intervallo medio tra due visite di 10,5 ± 7,9 mesi. Alla baseline, il livello di distress era significativamente più alto nelle donne e nei giovani che negli uomini e nei soggetti anziani. I pensionati erano meno stressati e avevano un’incidenza più bassa di “fatigue” severa, rispetto agli occupati. Le donne con tumore della mammella, in particolare, presentavano un livello di distress più alto delle donne colpite da altri tipi di tumore.

Non c’era associazione tra distress e istruzione, stadio del tumore, linea di trattamento o terapia attiva in corso. Per quanto riguarda la “fatigue”, non c’era nessuna associazione con età, stato civile, sede tumorale, linea di trattamento o terapia attiva in corso e neppure tra “fatigue” e sesso. Quando si andava a valutare l’andamento nel tempo, il distress rimaneva stabile nelle donne, ma aumentava negli uomini. Gli autori dello studio, hanno calcolato che il livello aumentava di 0,29 punti (95%CI, da +0,09 a +0,50) ogni 6 mesi negli uomini e 0,03 p.score (95% CI, da -0,09 a 0,15) nelle donne.

La differenza di genere era più accentuata tra gli anziani, per via di problemi fisici crescenti. Il livello di fatigue invece non cambiava nel tempo e non mostrava differenze. Secondo gli autori della ricerca il fatto che il livello di distress alla baseline sia maggiore nelle donne potrebbe dipendere da due fattori complementari: una maggiore capacità di riconoscere ed esprimere le emozioni e una superiore attenzione al disagio psicologico nei confronti delle donne con tumore.

Noi ipotizziamo che gli uomini siano meno bravi ad usare le espressioni emotive, come strategia di “coping” – scrivono gli autori della ricerca sul “Journal of Cancer Survivorship”, individuando negli stereotipi di genere, parte del problema. I nostri dati suggeriscono che gli uomini hanno una difficoltà maggiore delle donne nel riconoscere la loro vulnerabilità e nel processare le emozioni, il che rende difficile adattarsi, portando ad un aumento del distress nel corso della malattia”.

Da qui l’importanza di promuovere l’espressione emotiva nel genere maschile e di dedicare sufficiente attenzione allo screening per il distress nella visita iniziale. Lo screening può essere molto utile perché aiuta il paziente a parlare della diagnosi e dei trattamenti, fornendo un vocabolario per pensieri, sentimenti, che i pazienti stessi e gli operatori sanitari possono usare per comunicare il protocollo di trattamento e cosa aspettarsi in termini di qualità della vita.

La realtà virtuale riduce il peso delle terapie oncologiche: “…distrarre” le pazienti attraverso esperienze di realtà virtuale, aiuta a ridurre lo stress psicofisico che deriva da una diagnosi di tumore e dai successivi trattamenti”. È quanto emerge dallo studio Patient’s dream, portato a termine dai ricercatori dell’Istituto Nazionale dei Tumori Regina Elena – di Roma e i cui risultati sono stati recentemente pubblicati sulla rivista Frontiers in Oncology.

La diagnosi di tumore porta con sé complesse conseguenze di tipo emotivo come ansia, depressione, incertezza per il futuro”, spiegano gli autori guidati da Alessandra Fabi. “La proposta delle successive terapie aumenta ulteriormente lo stress e il disagio psicofisico, anche a causa degli effetti collaterali dei trattamenti”, aggiungono sottolineando l’importanza di identificare strategie per alleviare questo disagio. Nel Patient’s Dream Study, sono state coinvolte 44 donne con tumore di mammella e ovaio.

Prima di iniziare il primo ciclo di chemioterapia, metà delle pazienti sono state assegnate a una “terapia di distrazione”, rappresentata da una esperienza immersiva di realtà virtuale, mentre le restanti si sono intrattenute con strumenti più classici come libri, musica, riviste. Gli obiettivi primari includevano la valutazione di stress psicologico, ansia e qualità di vita tra i due gruppi di studio, mentre come endpoint secondari, sono state valutate la percezione del tempo nel corso della prima seduta di chemioterapia e la tossicità acuta e tardiva.

I dati raccolti hanno dimostrato una assenza di disturbi prevalenti di depressione ed ansia nelle partecipanti a distrazione virtuale, con riduzione dello stato di ansia tra prima e dopo il trattamento. “Questa diminuzione è risultata statisticamente significativa nel tempo nel gruppo sottoposto all’esperienza di realtà virtuale”, sottolineano gli autori. Tale esperienza ha inoltre aiutato le pazienti a percepire come più breve il tempo della terapia rispetto, al gruppo controllo e sembra aver ridotto l’astenia, quando utilizzata nel corso della prima chemioterapia.

In un’epoca nella quale la qualità di vita dei pazienti oncologici sta assumendo un ruolo fondamentale, il miglioramento dei benefici delle terapie e della sopravvivenza a lungo termine rappresentano un obiettivo primario” affermano gli autori, che poi concludono: “…i risultati di questo studio promuovono ulteriori ricerche sulle esperienze di realtà virtuale, con lo scopo di soddisfare il bisogno clinico di terapie non farmacologiche efficaci”.

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Rosanna Predazzer

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