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Errori e Ritardi Diagnostici: quanto ci costano?

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Errori e Ritardi Diagnostici: quanto ci costano?
(Last Updated On: 27 ottobre 2015)

Un problema ancora largamente fuori controllo.

Martedi scorso, il 22 settembre, a 16 anni di distanza da “To err is human”, l’Institute of Medicine (IOM) ha pubblicato un nuovo rapporto intitolato “Improving Diagnosis in Health Care”.
Il documento afferma che ogni giorno, in ogni istituzione sanitaria degli Stati Uniti, si commettono errori diagnostici ma -fino ad oggi- il fenomeno non è mai stato adeguatamente studiato nella sua completezza e complessità.
Si tratta di un “buco nero” che arreca danni ad un numero indefinito ma comunque alto di pazienti ogni anno.
Avere la certezza che il problema esista, sapere che la maggioranza delle persone soffrirà l’esperienza di una diagnosi sbagliata o ritardata almeno una volta nel corso della propria vita, magari con conseguenze gravi o addirittura devastanti e non poter quantificare il fenomeno è la sconcertante conclusione a cui è pervenuto il comitato di redazione del documento.

Il precedente di “To err is human” ha indotto l’IOM a dedicare uno specifico sforzo a questo tema.
Come si ricorderà, quel documento portava all’attenzione delle professioni sanitarie e dell’opinione pubblica generale il problema degli errori medici prevenibili, responsabili in un solo anno di un numero di decessi variabile tra 40 e 100.000.

Nella scarsità di informazioni disponibili, comunque, il comitato è stato in grado di fornire alcuni elementi di riflessione, tra i quali:

? Dati post-mortem parlano di 1 errore diagnostico ogni 10 autopsie effettuate e, dato che non tutti i decessi sono seguiti da riscontro autoptico (anzi, molto pochi), la cifra potrebbe essere sottostimata per difetto;

? Quasi il 5% dei pazienti adulti ambulatoriali ha una diagnosi ritardata o errata;

? Una revisione di cartelle segnala errori diagnostici come causa di eventi avversi ospedalieri nel 17% dei casi;

? Errori nella diagnosi sono la principale ragione di denunce per malpractice, e hanno una probabilità doppia rispetto alle altre cause di denuncia per malpractice di aver portato a morte il paziente;

E’ evidente che in assenza di una diagnosi corretta, la base di ogni ulteriore scelta sanitaria, l’intero percorso assistenziale diventa a rischio.

Errori e ritardi possono certamente essere causati da approcci frettolosi o superficiali, causati da un medico che si basa su presunzioni di precedenti esperienze piuttosto che su informazioni accurate, precise e tempestive.
Ma talvolta, anzi spesso, l’errore è provocato dalla frammentazione e dalla scarsa coordinazione negli interventi dell’organizzazione sanitaria nelle sue diverse componenti. Classico esempio il Pronto Soccorso, dove medici, infermieri, tecnici sono costretti a lavorare in un turbine di emergenze e sollecitazioni.

La massa di esami, in parte alimentata dalla cosiddetta “medicina difensiva”, complica ulteriormente il problema.
La malriposta fiducia in un esame, richiesto indipendentemente da una accettabile ipotesi clinica e spesso nella totale ignoranza di come interpretarne il risultato spalanca le porte alla moltiplicazione degli errori.

Inoltre un accesso alla tecnologia spesso difficile e, quando disponibile, contenente informazioni confuse, parziali od errate (vedi cartella clinica elettronica) finisce per peggiorare il quadro.

Un aspetto del documento forse merita una maggiore delucidazione: quello dell’eccesso di diagnosi (“overdiagnosis”), che i componenti del comitato non ritengono di includere tra le cause di danno ai pazienti, ma è quanto meno discutibile non considerare dannosa una “diagnosi” fatta (con dispendio di tempo e risorse) ma assolutamente inutile al benessere e alla salute del paziente.

Infine, ma non per ultimo, il pesantissimo carico burocratico posto sulle spalle di medici e personale sanitario, che impegna tempo e attenzione in maniera sempre più preponderante.

LE conclusioni del rapporto non sono incoraggianti.
Non sembrano esistere rimedi a portata di mano.
E’ necessario un profondo ripensamento del processo diagnostico e una decisa propensione al cambiamento.
A cominciare da una definizione condivisa di “errore diagnostico” e una raccolta di dati che consenta di definire possibili miglioramenti in aree critiche.
Quello che è certo che ogni possibile soluzione può arrivare solo da un lavoro di squadra che si muova in un sistema integrato con il coinvolgimento del paziente.
In mancanza di una soluzione migliore, sembra razionale affidarsi alle cose più concrete.

BIBLIOWEB:

Il Rapporto è gratuitamente scaricabile dal sito di IOM:

iom.nationalacademies.org

http://www.nap.edu/read/21794/chapter/1

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Marco Caputo

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