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Leucemia Linfoblastica Acuta versus Blast

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Leucemia Linfoblastica Acuta versus Blast
(Last Updated On: 2 febbraio 2015)

In Italia, la Leucemia Linfoblastica Acuta colpisce ogni anno circa 450 uomini e 320 donne (dati Associazione Italiana Ricerca sul Cancro- AIRC).
Tra i bambini è il tumore più frequente che, nonostante un raddoppio dei casi a lieto fine negli ultimi decenni, una volta su cinque non reagiscono al trattamento con successo.
Le forme a cellule B rappresentano il 70-80% dei casi di leucemia linfoblastica acuta.

Gli anticorpi BiTE (Bispecific T-cell Engager), sono stati sviluppati per aiutare i linfociti T ad attivarsi e combattere le cellule tumorali.
Lo scopo è quello di innescare una risposta in grado di contrastare l’abilità delle cellule tumorali di eludere il sistema immunitario.
Gli anticorpi modificati agiscono legandosi a due target contemporaneamente e facendo da ponte tra di essi (uno è un recettore dei linfociti T, l’altro una molecola specifica delle cellule tumorali).
Si ritiene quindi che gli anticorpi BiTE portino i linfociti T a stretto contatto con le cellule tumorali, permettendo loro di riconoscerle e contrastarle
Utilizzando il ponte creato dagli anticorpi BiTE, i linfociti T si trovano nella posizione ideale per combattere le cellule tumorali.

Al 56°congresso della Società americana di ematologia (Ash) svoltosi a San Francisco, sono stati presentati i dati dello studio di fase II Blast che confermano l’efficacia di questa nuova terapia che in pratica accende le difese naturali dell’ospite contro il tumore.
Il farmaco che fa parte della famiglia degli anticorpi BiTE (blinatumomab) attacca su due fronti: da un lato stimola il sistema immunitario in funzione anti -tumore e dall’altro cattura le cellule malate del sangue.
Nelle forme recidivate-refrattarie può fare da ‘ponte’ verso il trapianto di midollo, l’unica speranza di guarigione che però è impossibile effettuare in certi stadi di malattia.
Nello studio condotto su 116 pazienti adulti con leucemia linfoblastica acuta a cellule B che conservavano segni di malattia attiva nonostante i benefici ottenuti con la terapia tradizionale, Il farmaco si è dimostrato in grado di azzerare le tracce molecolari della leucemia nel 78% dei malati.
Nel 98% la risposta completa è stata ottenuta dopo un solo ciclo di trattamento per infusione continua.

Si tratta di un farmaco molto attivo che ha ottenuto l’OK dell’agenzia del farmaco americana, l’Fda, con procedura ultra-veloce ( trattamento della leucemia linfoblastica acuta a cellule B recidivata-refrattaria).
La documentazione è stata sottoposta anche all’europea (Ema) per ottenere l’approvazione alla stessa indicazione.

Uno dei vantaggi di questo farmaco è quello di avere una tossicità molto limitata rispetto alla chemioterapia e può essere utilizzato in ogni tipo di paziente: dagli adulti ai bambini, ma anche agli anziani.
Proprio su un sottogruppo di pazienti anziani che i centri italiani sperimentatori progettano di avviare uno studio ad hoc sotto l’egida del Gimema (Gruppo italiano malattie ematologiche nell’adulto), in pazienti colpiti da leucemia linfoblastica acuta a cellule B positivi al cromosoma Philadelphia (30% dei casi, con punte del 50% fra gli anziani)”.
Questo tipo di pazienti, infatti, reagisce bene ai farmaci che hanno cambiato la storia dell’ematologia, ma presentano tutti tracce molecolari di malattia che possono causare ricadute.
Per gli anziani potrebbe rappresentare una terapia chemio-free.

BIBLIOWEB

http://www.hematology.org/

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Bruno Milanesi

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