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Mancava all’appello dei grandi laghi lombardi, ospitati sul sito, il Lago di Como. Per chi come me “viene da Milano” c’è l’abitudine di parlare di Lario, perché sul lago c’è anche Lecco e “quel ramo del Lago…” di manzoniana memoria è quello di Lecco.
Ma il Lago di Como ha una incredibile serie di perle paesaggistiche che si snodano lungo una strada, la Regina che può ricordare la costiera amalfitana (bellezze e dolori del traffico).

Ma quale che sia il ramo del lago, quello che è evidente è il fascino dei posti, l’atmosfera.
Cogliere l’atmosfera, è una delle cose più difficili da trasmettere, specie se si parla di paesaggi che hanno affascinato da sempre, come nel caso del Lago di Como.

Insperabile che affiori come fragranza in un libro che può sembrare “leggero” come un romanzo, un giallo, poi…

Ma è proprio quello che capita a chi legge “le ombre del lago” di Cocco e Magella.

Della trama del libro non parlo, non voglio privare i lettori della suspence che si trova in ogni buon noir, alla Simenon per intenderci: avvincente senza sobbalzi, ma con un fil rouge che ti avvince, che si dipana con delicatezza tra Como ed i paesi della tremezzina, con una strada, la Regina che li attraversa. Che un medico legale sappia scrivere è evidente: che sia capace di narrare e che sia dotato di metodica d’indagine è raro.

E’ però la gradevole sorpresa della “porta accanto” quando si scopre (per averlo letto d’un fiato come ogni  giallo che si rispetti) che chi lo ha scritto è il Presidente delle Commissioni Mediche della tua ASL. Un solo sospetto alla fine del libro: che il commissario Stefania Valenti sia in realtà un avatar di Amneris Magella?

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