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Dare dell’incompetente al medico

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Dare dell’incompetente al medico
(Last Updated On: 6 gennaio 2023)

non è diffamazione, è diritto di critica

Sempre più spesso il rapporto medico–paziente si tinge di toni aspri, in alcuni casi arrivando all’aggressione (verbale, fisica) al punto di richiedere una legislazione in difesa dei sanitari e non di rado sfocia in un contenzioso giudiziario. Se in molti casi l’evidenza parla da sola, alcune situazioni richiedono una disamina approfondita, come normalmente viene assicurata dalla Corte di Cassazione.

Il diritto di critica è legittimo e rientra nella libertà di manifestazione del pensiero. L’importante è che non superi certi limiti e non si trasformi in una invettiva gratuita, aggressiva e offensiva della persona. Dire ai superiori che un medico è “incompetente” non è diffamante, questo è quanto affermato dalla Corte di Cassazione, 5° sezione Penale, con la sentenza n. 20206-2022.

Un esempio: rivolgere una critica ai superiori di una dottoressa, utilizzando il termine “incompetenza” e “illogicità linguistica”. Il motivo: essersi visti negare un trattamento medico che fino a quel momento era stato riconosciuto. L’evento non integra il reato di diffamazione. Costituisce solo esercizio del diritto di critica. Occorre tenere conto del contesto, nel caso di specie: i toni utilizzati sono stati sferzanti ma non c’è stata offesa al patrimonio morale della dottoressa!

Il caso. Il Tribunale conferma la decisione del Giudice di Pace, che ha concluso per la responsabilità dell’imputata in relazione al reato di diffamazione, condannandola alla pena della multa di 1200 €, al pagamento delle spese di giustizia e al risarcimento di 1000 euro in favore della persona offesa.

Alla donna è stato contestato di aver offeso un medico, in un ricorso indirizzato al Direttore Sanitario della Asl, all’Assessore regionale ed al Dipartimento per la salute e il welfare, affermando una “manifestata inesistente competenza professionale e una illogicità linguistica.

La persona offesa, nelle sue memorie, nega la sussistenza della provocazione e del diritto di critica, considerato il tenore sprezzante e gratuito delle accuse che le sono state rivolte. Non è stato offeso il patrimonio morale della dottoressa: il difensore dell’imputata, nel ricorrere in Cassazione, contesta con il primo motivo la manifesta illogicità della motivazione, frutto anche del travisamento dei fatti e l’assenza di motivazione, in relazione al mancato riconoscimento della provocazione. Con il secondo deduce invece il mancato riconoscimento della scriminante del diritto di critica.

In effetti l’imputata non ha offeso la persona, ma ha rivolto critiche al suo operato professionale in quanto la stessa le avrebbe negato dei trattamenti sanitari che, fino a quel momento, le erano stati garantiti. La frase che la dottoressa ha preso come un’offesa personale, stando alle affermazioni dell’imputata, erano in realtà rivolte agli organi preposti alla valutazione dell’operato della stessa.

La Corte chiarisce che rientra nella nozione di “critica” anche la disapprovazione e il biasimo espressi con toni taglienti, purché essi non superino i limiti traducibili in una aggressione immotivata della reputazione altrui e della invettiva gratuita. Occorre contestualizzare le espressioni ingiuriose e verificare che i toni del soggetto agente. Anche se aspri, non risultano del tutto gratuiti, ma sono pertinenti al tema della discussione e proporzionati al fatto ed a quanto si vuole esprimere. In sostanza, nel caso di specie, le frasi utilizzate dall’imputata devono ritenersi come rientranti nell’esercizio del diritto di critica e non in un attacco gratuito al patrimonio morale della professionista.

La Cassazione annulla senza rinvio la sentenza, perché il fatto non costituisce reato. Dalla analisi operata dalla Cassazione si rileva che quanto evidenziato dal difensore dell’imputata sul diritto di critica, risulta fondato tanto che il secondo motivo resta assorbito.

La vicenda processuale contestualizza un rapporto “aspro” tra la cittadina e le strutture sanitarie, sottolineando che è importante il contesto in cui si svolge l’attività sanitaria, che deve prevedere il diritto di critica, esercitato seguendo delle regole anche con termini sferzanti, se non si offende il “patrimonio morale” del medico, come nel caso in questione.

BIBLIOWEB:

Corte di Cassazione, sezione 5a Penale, sentenza n. 20206/2022 (in PDF allegato)
Risarcimento fifty fifty https://newmicro.altervista.org/?p=9578
Privacy e Congressi https://newmicro.altervista.org/?p=9562
Risarcire l’ASL https://newmicro.altervista.org/?p=9532
Dalla Parte della Donna https://newmicro.altervista.org/?p=9377
Giornata europea contro la violenza sugli operatori sanitari https://newmicro.altervista.org/?p=9105
Giornata Violenza sulle donne https://newmicro.altervista.org/?p=8850

 Corte di Cassazione, sezione 5a Penale, sentenza n. 20206/2022 (PDF)

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Francesco Bondanini

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