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Gruppo sanguigno e ictus

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Gruppo sanguigno e ictus
(Last Updated On: 7 dicembre 2022)

Gruppo sanguigno O associato a meno rischio ictus prima dei 60 anni

Considerato da sempre una sostanza omogenea tra gli individui, chiamato in causa al più per decretare differenze socioculturali (il famoso “sangue blu”), il tessuto ematico rimase per buona parte ignoto nella sua composizione sino al 1901, anno in cui il medico austriaco Karl Landsteiner scoprì i gruppi sanguigni. Osservò nel sangue umano la presenza o l’assenza di alcuni antigeni sulla superficie dei globuli rossi. Sviluppando questa intuizione, lo studioso arrivò a comporre delle tabelle di inter-agglutinazione, classificando e identificando quattro gruppi sanguigni: A, B, AB e 0. La sua scoperta dovette molto alle ricerche condotte in precedenza e dedicate, in particolare, al processo di agglutinazione.

Si dovette attendere il 1939 per identificare il fattore Rhesus (Rh), grazie al lavoro di Philip Levine e di Rufus Stetson che, con Landsteiner, scoprirono gli antigeni dei gruppi sanguigni M e N del sistema MNS e P1, mediante l’immunizzazione di un animale. Sempre Levine postulò, con Stetson, nel 1939, la causa immunologica della malattia emolitica del neonato, legandola alla caratterizzazione degli anticorpi del sistema Rhesus e partecipò, con Landsteiner e Alexander Solomon Wiener, a fornire una spiegazione agli incidenti trasfusionali non legati al sistema ABO.

L’anno successivo, nel 1940, Landsteiner e Alexander Wiener annunciarono la scoperta del fattore prima ignoto: l’antigene Rhesus. Rilevato inizialmente utilizzando un siero di macaco, venne ribattezzato LW, in onore dei suoi scopritori, su suggerimento di Levine. Ogni gruppo sanguigno è geneticamente determinato ed ereditato alla nascita e presenta contributi di entrambi i genitori. Un insieme di diversi antigeni superficiali, che derivano da un allele e da geni strettamente correlati, formano, collettivamente, un “sistema” di gruppi sanguigni.

Il tipo Rh comprende il gene che codifica per la proteina RhD e un secondo gene depositario dell’espressione degli antigeni RhC e RhE, che si trovano su un singolo polipeptide. Il gene per la proteina RhD è costituito solo dall’allele D: l’allele d, pensato per essere antitetico a D, in realtà non esiste. La lettera “d” è usata solo per indicare il fenotipo D-negativo.

La classificazione degli individui Rh-positivi e Rh-negativi è determinata quindi dalla presenza o assenza della proteina altamente immunogenica Rh sulla superficie degli eritrociti. Le combinazioni principali sono tre: l’antigene D è quello di maggiore importanza clinica, all’interno del sistema Rh, tra i tre determinanti antigenici C, D ed E che possono essere presenti. Si trova sulla superficie dei globuli rossi ed è presente nel 85% circa della popolazione umana. E’ un carattere ereditario e si trasmette come autosomico dominante.

Il fattore Rh − è recessivo e quindi si esprime come tale solo in individui omozigoti. Quindi solo in individui figli di genitori che possiedano almeno un allele Rh −, ma che non sono necessariamente Rh negativi. Nel caso di genitori eterozigoti, l’ereditarietà è di tipo mendeliano: ad ogni concepimento la probabilità di avere un figlio omozigote Rh − è del 25%.

Il Gruppo sanguigno è legato alla nostra evoluzione: il gruppo 0 è considerato il primitivo, ancora oggi è in assoluto il più diffuso nel mondo. Il gruppo A compare nelle comunità agricole basate sulla coltivazione di legumi, cereali, verdura e sull’allevamento e nelle popolazioni vicine ai fiumi e al mare che praticavano anche la pesca. Il gruppo sanguigno B sembra risalire ai pastori-nomadi: ancora oggi, rimane circoscritto prevalentemente all’interno del continente Asiatico e in alcune nazioni dell’Europa orientale.

Fin qui la storia, ma il gruppo sanguigno potrebbe contribuire alla probabilità di avere un ictus giovanile: il gruppo 0, infatti, è associato a un minor rischio di andare incontro a questa condizione. Lo conferma un ampio studio pubblicato sulla rivista Neurology, a cui hanno partecipato ricercatori di oltre 50 istituzioni nel mondo, portando a considerare nuovi modi per prevenire gli ictus nei giovani adulti.

Il numero di persone con eventi precoci è in aumento. E in parallelo aumentano le morti improvvise e, in chi si salva, gli anni vissuti con disabilità. Nonostante ciò, ci sono poche ricerche sulle cause degli ictus precoci… ” – afferma il co-autore principale dello studio, Steven J. Kittner, professore di neurologia alla University of Maryland School of Medicine, Stati Uniti. Insieme con i colleghi, ha eseguito una meta-analisi di 48 studi su genetica e ictus ischemico che includevano 17.000 pazienti affetti dalla patologia e quasi 600.000 persone che non l’avevano mai avuta.

Nel lavoro sono stati esaminati tutti i cromosomi raccolti, per identificare le varianti genetiche. Il risultato trovato è un legame tra ictus a esordio precoce (prima dei 60 anni) e l’area del cromosoma che include il gene che determina se un gruppo è A, AB, B o 0. I ricercatori hanno scoperto che chi aveva il gruppo sanguigno 0 aveva un rischio inferiore del 12% di andare incontro ad ictus, rispetto a persone con altri gruppi. Mentre coloro che avevano il gruppo A avevano un rischio del 18% più alto.

Ma “l’aumento è comunque modesto e non deve indurre a eseguire particolari screening” – precisano i ricercatori. “Il motivo ha probabilmente a che fare con fattori di coagulazione del sangue e altre proteine circolanti, che svolgono tutte un ruolo nello sviluppo di coaguli”. Studi precedenti suggeriscono che le persone con un gruppo A hanno un rischio leggermente maggiore di sviluppare coaguli di sangue nelle gambe (la cosiddetta TVP, “trombosi venosa profonda”).

BIBLIOWEB:

P. Levine, RE Stetson. Un caso insolito di agglutinazione intragruppo. J. Amer. med. Culo. 1939, 113.
K. Landsteiner, AS Wiener. Un fattore agglutinabile nel sangue umano riconosciuto dai sieri immuni per il sangue Rhesus. Proc. Soc. exp. Biol. NY 1940, 43,223.
N. D. Avent e M. E. Reid, The Rh blood group system: a review, in Blood. Blood, 2000 Jan 15;95(2):375-87. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/10627438/
RHD: Rh blood group D antigen [Homo sapiens (human) – Gene – NCBI – NIH https://www.ncbi.nlm.nih.gov/gene?Db=gene&Cmd=DetailsSearch&Term=6007
Joanna Sheldon, Rachel D. Wheeler et al. Clinical Biochemistry: Metabolic and Clinical Aspects (Third Edition), Churchill Livingstone, 1º gennaio 2014, pp. 560–603, ISBN 978-0-7020-5140-1. https://lib-ebooks.com/clinical-biochemistry-metabolic-and-clinical-aspects-third-edition-pdf/
T Jaworek, H Xu, BJ Gaynor, et al. – Contribution of Common Genetic Variants to Risk of Early Onset Ischemic Stroke – Neurology Aug 2022, https://n.neurology.org/content/early/2022/08/31/WNL.0000000000201006
Registro Nazionale Coagulopatie https://newmicro.altervista.org/?p=8871
Registro Nazionale Coagulopatie Congenite https://newmicro.altervista.org/?p=7899
Errori Trasfusionali https://newmicro.altervista.org/?p=6867
Governance trasfusionale https://newmicro.altervista.org/?p=6620
Sicurezza Trasfusionale https://newmicro.altervista.org/?p=5339
ll Piano per il Sangue https://newmicro.altervista.org/?p=4872
Patient Blood Management https://newmicro.altervista.org/?p=4058
NAO, TAO e Sanguinamento acuto/cronico https://newmicro.altervista.org

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Paolo Paparella

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