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Dalla Parte della Donna

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Dalla Parte della Donna
(Last Updated On: 29 agosto 2022)

Tutela delle donne e diritto alla privacy

Laviolenza sulle donne e sui soggetti deboli è sicuramente uno degli atti esecrabili che ci troviamo sempre più spesso a commentare, proponendo soluzioni più o meno draconiane. A volte basterebbe un poco di discernimento, di considerazione della vittima, anche da parte della stampa. In sostanza delle “buone pratiche professionali”.

Purtroppo, quasi ogni giorno sentiamo parlare di uomini che violentano donne. Più della metà dei casi avvengono tra le mura domestiche e a commettere questi reati sono persone amiche o di famiglia. Spesso la donna attende giorni, mesi, anche anni per denunciare, non solo per amore o per paura, ma anche per non vedere il suo nome su tutti i giornali.

Difatti, di primo acchito, queste discipline appaiono due rette parallele destinate a non incrociarsi mai. In realtà la tutela dei dati personali e quella delle donne vanno di pari passo. Anzi, appare innegabile che la tutela delle seconde passi, inevitabilmente, attraverso una protezione dei dati.

Quali i punti di contatto tra le informazioni e la violenza? La Suprema Corte di Cassazione, Prima Sezione Civile, con l’Ordinanza del 22 febbraio 2021, n. 4690, chiarisce alcuni punti: la valutazione è rimessa al giudice di merito che deve decidere “singulatim”, ossia caso per caso. Chiarisce quindi che la divulgazione delle generalità della vittima di un reato, è legittima solo quando emerga che i suoi dati siano essenziale ai fini dell’informazione.

Nella valutazione della legittimità (o meno) della diffusione di una notizia, bisogna considerare diversi criteri: innanzitutto, il diritto di cronaca e l’essenzialità della divulgazione della vicenda. Vanno valutati i parametri specifici fissati dal Codice deontologico relativo al trattamento dei dati personali, nell’esercizio dell’attività giornalistica (art. 8). Salvo l’essenzialità dell’informazione, il giornalista non può fornire notizie o immagini di soggetti coinvolti in fatti di cronaca lesive della dignità della persona.

Il Caso.  Una donna, vittima di abusi domestici, ha citato in giudizio il quotidiano che aveva pubblicato le sue generalità. Il giornalista, nell’articolo, aveva parlato dell’arresto del marito per maltrattamenti e violenza sessuale, indicando il nome e il cognome della vittima. La donna contestava la violazione dell’art. 734 bis c.p., norma che ha ad oggetto la “divulgazione delle generalità o dell’immagine di persona offesa da atti di violenza sessuale”. Viene punito con l’arresto da tre a sei mesi chiunque divulghi, anche attraverso mezzi di comunicazione di massa, le generalità o l’immagine della persona offesa senza il suo consenso.

Il Tribunale rigettava la domanda risarcitoria della donna, ritenendo che non fosse necessario il suo consenso o l’autorizzazione del Garante per la divulgazione del nominativo. I reati a cui si riferisce la disposizione sono prostituzione minorile (art. 600 bis), pornografia minorile (art. 600 ter), detenzione di materiale pornografico (art. 600 quater), violenza sessuale (art. 609 bis), circostanze aggravanti (art. 609 ter), atti sessuali con minorenne (art. 609 quater), corruzione di minorenne (609 quinquies), violenza sessuale di gruppo (art. 609 octies).

La Suprema Corte considera infondata la doglianza della donna. Il divieto di divulgazione di cui all’art. 734 bis c.p. non opera se la diffusione delle notizie costituisce legittimo esercizio del diritto di cronaca. Per giurisprudenza consolidata (Cass.12358/2006), l’esercizio del diritto di cronaca deve presentare i seguenti presupposti:

- la verità sostanziale della notizia pubblicata;
- la pertinenza, ossia l’interesse pubblico alla conoscenza del fatto;
- la continenza, ossia la correttezza formale dell’esposizione;
- il rispetto dei parametri del diritto di cronaca;
- l’essenzialità della diffusione della notizia;
- i parametri specifici fissati dall’art. 8 Codice deontologico, ossia la tutela della dignità umana (Cass. 15360/2015; Cass. 7755/2015; Cass. 27381/2013).

In buona sostanza, l’esercizio del diritto di cronaca non configura «una violazione del divieto di pubblicazione di atti processuali, anche se in conflitto con diritti e interessi della persona, qualora si accompagni ai parametri dell’utilità sociale alla diffusione della notizia, della verità oggettiva o putativa, della continenza del fatto narrato o rappresentato» (Cass. 4603/2008).

Ma la donna lamentava anche la violazione dell’art. 2 Codice della Privacy (d.lgs. 196/2003), nella versione applicabile “ratione temporis”. La norma dispone che il trattamento dei dati personali deve svolgersi nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell’interessato, con particolare riferimento alla riservatezza, all’identità ed al diritto alla protezione dei dati personali.

La vittima lamentava la violazione anche dell’art. 137, che non richiede il consenso dell’interessato per il trattamento di dati personali effettuato nell’esercizio della professione di giornalista. La disposizione prevede che, in caso di diffusione e comunicazione dei dati, restino fermi i limiti del diritto di cronaca, a tutela di quanto previsto nell’art.2, tra cui rientra il diritto all’identità personale. Il limite, in tale circostanza, non è rappresentato dal mero interesse pubblico, ma dall’essenzialità dell’informazione circa i fatti di interesse pubblico (Cass. 15360/2015).

La vittima si duole inoltre della violazione del Codice deontologico dei giornalisti. In particolare, l’art. 8 che obbliga il giornalista a non fornire notizie di soggetti coinvolti in fatti di cronaca se lesive della dignità della persona, e non può soffermarsi su dettagli di violenza, a meno che ravvisi la rilevanza sociale della notizia.

Il Codice deontologico del 1998, approvato dal Consiglio Nazionale dei Giornalisti, secondo la Cassazione, ha natura normativa, in quanto richiamato dal Codice della Privacy e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.  La violazione del codice deontologico da parte del giornalista, stante la sua natura normativa, comporta (Cass. 17408/2012; Cass. 16145/2008) sanzioni disciplinari e  responsabilità civile, sia per l’autore che per la testata.

Dignità inviolabile. La Suprema Corte ribadisce che la dignità della vittima è un diritto fondamentale della persona ed è inviolabile, in quanto costituzionalmente tutelato (art. 2 Cost.). Parimenti, la libera manifestazione del pensiero (art. 21 Cost.), è garantita dalla Carta costituzionale. Pertanto, quando i due diritti collidono, occorre operare un contemperamento.

La dignità della persona offesa può essere compressa dall’esercizio del diritto di cronica, purché svolto nei limiti dell’essenzialità dell’informazione. La dignità dell’interessato rappresenta un valore a cui è ispirata anche la disciplina in materia di trattamento dei dati personali (Cass. 18981/2013). Quindi, il diritto di cronaca non deve “eccedere”, rispetto alla finalità dell’informazione, fornendo i dati della vittima quando non sono essenziali.

Stalking. Un altro esempio può essere rappresentato da una serie di atti persecutori che influenzano atti e gesti quotidiani della vittima. Gli “stalker”, per esempio, sfruttano oggi ancora di più le falle della tecnologia, tramite l’utilizzo di “spyware” oppure di “hacking” dei social network o della posta elettronica. Tutto questo, evidentemente, non permette alla donna di autodeterminarsi. Ogni soggetto infatti deve essere libero da qualsiasi coercizione e discriminazione. A tal proposito si indica il numero telefonico 1522, gratuito e di pubblica utilità, per il supporto alle vittime di violenza.

In conclusione, bisogna accertare l’essenzialità della notizia. Il diritto di cronaca non deve “eccedere” rispetto alla finalità dell’informazione, fornendo i dati della vittima, quando non sono essenziali. La Cassazione, con la sentenza della 4690/2021, impugna la decisione con rinvio al Tribunale in diversa composizione, affinché motivi il requisito della essenzialità nella indicazione delle generalità della vittima e provveda alle spese inerenti il giudizio di legittimità!

BIBLIOWEB:

Corte di Cassazione – Ia sezione Civile – Ordinanza n. 4690/2021 (in PDF allegato)
Giornata Violenza sulle donne https://newmicro.altervista.org/?p=8850
Violazione della Privacy e tipo di danno https://newmicro.altervista.org/?p=8845
Tre anni di GDPR https://newmicro.altervista.org/?p=8519
Data Breach di Referti online https://newmicro.altervista.org/?p=8134
Il nuovo Garante Privacy https://newmicro.altervista.org/?p=7698
Un anno di Privacy https://newmicro.altervista.org/?p=7567
Covid, App e Privacy https://newmicro.altervista.org/?p=7264
Privacy: le sanzioni fanno male https://newmicro.altervista.org/?p=7027
Piano Nazionale anticorruzione: Criteri https://newmicro.altervista.org/?p=6968
Giornata contro la violenza sulle donne https://newmicro.altervista.org/?p=6691
L’oro dei Big Data https://newmicro.altervista.org/?p=6557
TAR & DPO https://newmicro.altervista.org/?p=6488
GDPR Slow https://newmicro.altervista.org/?p=6362
Sicurezza dei dati sanitari https://newmicro.altervista.org/?p=5934
Pareri di Garanti https://newmicro.altervista.org/?p=5494
Il DPO, l’uomo della Privacy https://newmicro.altervista.org/?p=5287
Discriminazione di genere: uccide https://newmicro.altervista.org/?p=5067
Linee guida contro la violenza sulle donne https://newmicro.altervista.org/?p=3852

 Corte di Cassazione – Ia sezione Civile – Ordinanza n. 4690/2021 (PDF)

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Francesco Bondanini

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