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Caffè epatoprotettore

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Caffè epatoprotettore
(Last Updated On: 6 ottobre 2021)

Lo studio britannico su mezzo milione di persone

Uno dei “riti” storicamente consolidati in Italia è quello della tazzina di caffè: come non far riferimento al caffè Florian del settecento veneziano (1720, il più antico del mondo, in Piazza San Marco) o alla preparazione di quello partenopeo, che permea le commedie di Eduardo De Filippo? Ma nonostante questo amore alimentare per la bevanda, la difesa delle qualità arriva dall’Inghilterra.

La malattia epatica cronica (CLD) è una causa crescente di morbilità e mortalità in tutto il mondo, in particolare nei paesi a reddito medio-basso, con un elevato carico di malattia e una disponibilità di trattamento limitata. Il consumo di caffè è stato collegato a tassi più bassi di CLD, ma si sa poco sugli effetti dei diversi tipi di caffè, che variano nella composizione chimica.

La possibile azione benefica del caffè sul fegato non è una novità, visti i risultati di numerosi studi che, in passato, hanno associato la bevanda a un minore rischio di cirrosi epatica. Tra questi lavori significativa è stata la monografia italiana “caffè e salute”, realizzata dal Mario Negri, che descriveva le caratteristiche organolettiche dell’alimento.

Un nuovo studio britannico fornisce prove significative sull’argomento, anche solo per l’importanza (ca 500 mila partecipanti) del campione analizzato. E’ risultato evidente che il caffè riduce considerevolmente le probabilità di soffrire di epatopatia cronica o di morire per questa condizione patologica. Anche il caffè decaffeinato ha dimostrato lo stesso effetto protettivo.

Lo studio mirava a indagare le associazioni del consumo di caffè, compreso i caffè decaffeinato, istantaneo e macinato, con esiti di malattie croniche del fegato. Condotto sui dati della Biobanca britannica (UK Biobank), dimostra che le persone che bevono qualsiasi tipo di caffè (contenente o meno caffeina), hanno statisticamente meno probabilità di sviluppare epatopatia cronica o di morire per tale causa, rispetto a chi non assume la bevanda.

Pubblicato su “BMC Public Health”, il lavoro ha anche precisato che il massimo effetto protettivo si ottiene con tre-quattro tazze al giorno. Il consumo medio di caffè, nel gruppo di studio, era di due tazze al giorno. Sono stati analizzati dati relativi a 384.818 consumatori di caffè, di età tra i 40 e 49 anni, comparandoli a quelli di 109.767 persone che non lo consumavano.

Dopo un follow-up “mediano” di 10,7 anni, gli studiosi hanno rilevato, nell’intera popolazione in studio, 3.600 casi di epatopatia cronica, 5.439 di steatosi, 184 casi di carcinoma epatocellulare e 301 decessi per malattia cronica del fegato. I consumatori di caffè hanno presentato un rischio significativamente inferiore per ogni patologia: epatopatia cronica (Hazard Ratio aggiustato di 0,79), steatosi (aHR 0,80), carcinoma epatocellulare (aHR 0,80) e morte per epatopatia cronica (aHR 0,51).

Tra i consumatori di caffè, 79.644 (il 19%) assumevano caffè decaffeinato. Chi consumava la variante decaffeinata aveva più probabilità di essere di sesso femminile e più anziano e meno probabilità di essere fumatore. I consumatori di caffè decaffeinato presentavano un rischio significativamente inferiore di tutte le patologie indicate, con HR compreso tra 0.36 e 0.80.

Il caffè istantaneo sembra avere un minor effetto protettivo, rispetto al caffè macinato. Ad esempio, la riduzione del rischio di sviluppare epatopatia cronica è risultata meno pronunciata con il caffè istantaneo (HR 0,85) che con quello macinato (HR 0,65), così come il rischio di morire per epatopatia (HR rispettivamente di 0,65 e 0,39).

In conclusione, i bevitori di caffè hanno un rischio ridotto del 21% di ammalare di epatopatia cronica, del 20% di steatosi epatica e del 49% di morte per patologia cronica.

Il massimo beneficio è stato osservato nel gruppo che ha bevuto caffè macinato.

La scoperta che tutti i tipi di caffè sono protettivi è significativa, data la crescente incidenza della malattia epatica cronica (CLD), in tutto il mondo, così come è promettente la potenziale efficacia preventiva contro la stessa insorgenza o progressione.

BIBLIOWEB:

J Kennedy, J A Fallowfield, R Poole, et al. All coffee types decrease the risk of adverse clinical outcomes in chronic liver disease: a UK Biobank study – BMC Public Health, volume 21, Article 970 (2021)  https://bmcpublichealth.biomedcentral.com/articles/10.1186/s12889-021-10991-7
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/34154561/
A Tavani – Caffè e salute – Istituto “Mario Negri” (in PDF)
Consorzio Promozione Caffè https://www.caffebenessere.it/
Cibi “Sani”: cresce la richiesta https://newmicro.altervista.org/?p=8156
Epatiti “Vegetali” https://newmicro.altervista.org/?p=7560
Boston Nutrition https://newmicro.altervista.org/?p=4502
Alimentazione: scende in campo ISS https://newmicro.altervista.org/?p=4173
Dimmi cosa mangi https://newmicro.altervista.org/?p=3436
Tazzulella ‘e cafè – anche 3 o 4 http://amicimedlab.altervista.org/?p=3479

 A. Tavani – Caffè e salute – Istituto “Mario Negri” (PDF)

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Ines Bianco

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