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Eccesso di potere

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Eccesso di potere
(Last Updated On: 17 aprile 2021)

Il sindacato (ricorso) sull’atto amministrativo viziato

Dopo aver chiarito in un precedente articolo i termini dell’eccesso di potere, si può entrare nel cuore della questione concernente il sindacato giurisdizionale o amministrativo. Non sono soggetti a sindacato giurisdizionale gli atti politici, espressione della volontà politica e liberi nel fine: è lo stesso art. 7 del c.p.a. a sancire espressamente che gli atti o i provvedimenti emanati dal Governo non sono soggetti a sindacato giurisdizionale dinnanzi al giudice amministrativo.

La ratio della norma si fonda sul principio di separazione dei poteri e sulla responsabilità politica generale del Governo, ex art. 95 della Costituzione. L’eccesso di potere presuppone sempre l’esercizio discrezionale da parte della P.A.: di conseguenza il giudice vaglierà la legittimità del procedimento, senza la possibilità di attribuire il bene, salvo per le ipotesi contemplate nell’art. 134 c.p.a. Non solo può conoscere i vizi di legittimità, ma ha anche il potere di sostituirsi alla P.A., attribuendo egli stesso il bene della vita reclamato dal privato.

L’organo giudicante potrà valutare le cause di illegittimità del provvedimento, ordinando alla P.A. di conformarsi a quanto statuito nella sentenza. Sul tema, sono recentemente intervenute le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, stabilendo che si ha sconfinamento del potere del giudice quando questi entri nel merito del rapporto tra l’Amministrazione ed il privato. Difatti, la diretta valutazione sulla convenienza e l’opportunità dell’atto, è ammessa esclusivamente nei casi di giurisdizione di merito, sicché negli altri casi il giudice si dovrà limitare a valutare se la P.A. abbia rispettato le regole giuridiche di buona amministrazione, ex art. 97 Cost. e artt. 1 e ss. L. 241/90.

Annullamento. Se il provvedimento è frutto di una procedura viziata, in violazione delle regole giuridiche, ma il suo contenuto sarebbe stato comunque lo stesso, questo non è annullabile. Allora la ratio della norma è evidente: evitare annullamenti inutili derivanti da vizi incapaci di influire sulla pretesa del bene. Tale ipotesi di “sanatoria o salvezza” dell’atto amministrativo, è particolarmente diffusa nei casi di attività vincolata. Tutti i profili dell’azione della P.A. sono disciplinati dalla legge attributiva del potere.

La violazione delle regole giuridiche non comporta sempre l’annullamento del provvedimento emanato, in ragione del disposto del secondo comma dell’art. 21 octies L. 241/90 che sancisce la non annullabilità del provvedimento quando il suo contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello concretamente adottato. La norma rappresenta un cambio del sindacato sugli atti amministrativi, che non si basa più sul mero aspetto della legittimità formale, ma sul concreto interesse della parte lesa.

Molto più complessa è la questione dei limiti del giudice quando il privato richieda l’annullamento del provvedimento per la violazione del principio di proporzionalità, verso un provvedimento ablatorio o sanzionatorio. Il procedimento amministrativo muta, sovrapponendosi al processo penale, dove le garanzie del cittadino sono puntuali e garantiste. Non solo è assicurato un contraddittorio rafforzato, ma entrano in gioco anche i principi di legalità, tassatività, riserva di legge, determinatezza e retroattività favorevole, ex artt. 6, 7 della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) e artt. 24, 111 della Costituzione.

Secondo la Corte di Strasburgo, quando la PA adotta un provvedimento sanzionatorio e non ripristinatorio o demolitorio, è qualificabile come un “tribunale” e i suoi atti sono delle “sentenze“. Sicché se i sopra esposti principi venissero lesi, possono essere oggetto di sindacato giurisdizionale, con il conseguente annullamento dell’atto amministrativo. Il giudice dovrà verificare se l’amministrazione, nell’esercizio del suo potere, abbia rispettato il principio di proporzionalità in tutti i suoi tre requisiti costitutivi: idoneità, necessarietà e stretta proporzionalità.

Successivamente, dovrà valutare quale sia la soluzione migliore capace di raggiungere l’obiettivo. Infine, dovrà stabilire se quel provvedimento, oltre ad essere idoneo e necessario, comporti anche il minor sacrificio possibile per il privato e comunque che questi sia tollerabile. In caso di mancato rispetto di uno dei requisiti, l’atto sarebbe annullabile, per il vizio di eccesso di potere e, segnatamente, per la violazione del principio di proporzionalità, fatta salva l’ipotesi salvifica contemplata nel secondo comma dell’art. 21 octies della L. 241/90.

Diritti P.A. Una questione particolarmente rilevante riguarda il sindacato giurisdizionale, in caso di nuova edizione del potere dell’Amministrazione, a seguito di una prima decisione del giudice amministrativo su un provvedimento illegittimo. In tale circostanza, dato che si tratta di attività discrezionale, il giudice non attribuirà il bene, ma si limiterà ad annullare il provvedimento invitando la P.A. a conformarsi a quanto stabilito nella sentenza. Tuttavia, la stessa avrà ancora dei margini discrezionali sui punti non oggetto di sindacato giurisdizionale e potrà, in ogni caso, riesercitare il potere, attribuendo il bene o negandolo, motivando le ragioni che hanno portato a tale scelta.

Se la P.A. dovesse non conformarsi a quanto statuito nella sentenza, allora sarà possibile, per la parte lesa, chiedere la nullità del nuovo provvedimento ex art. 21 septies L. 241/90, per “elusione di giudicato”, con la possibilità di instaurare un giudizio di ottemperanza nel quale il giudice potrà sostituirsi alla P.A. attribuendo il bene. Nel caso in cui venga emesso un nuovo provvedimento sfavorevole al privato, per altre ragioni non oggetto del primo sindacato giurisdizionale, il privato dovrà ricorrere al giudice perché si pronunci sulle ulteriori violazioni delle regole giuridiche.

“One Shot Temperato”. E’ l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che ha stabilito tale principio: l’Amministrazione ha solo una seconda possibilità di esercizio di potere e, in quella sede, deve enunciare tutte le ragioni che hanno portato al diniego del bene della vita richiesto dal privato. Il potere amministrativo si esaurisce dopo la riedizione di questo, con la conseguenza che il giudice amministrativo potrà attribuire egli stesso il bene.

Appare evidente che il principio del “one shot temperato” è rivolto ad evitare abusi da parte delle P.A., consistenti nella reiterazione di provvedimenti negativi al cittadino, ognuno basato su diverse motivazioni. E’ palese che tale comportamento leda i principi di buona fede, correttezza, lealtà, legittimo affidamento e buon andamento della amministrazione, ex art. 97 Cost., art. 1 L. 241/90. Oltre al sindacato giurisdizionale, il cittadino può richiedere che sia la stessa P.A. che ha emesso l’atto, di saggiarne la sua validità o convenienza, mediante il potere di intervenire in autotutela.

Tale prerogativa però è altamente discrezionale: spetterà esclusivamente all’Amministrazione valutare la convenienza, ragionevolezza e logicità di annullare un suo antecedente atto, ex art. 21 nonies L. 241/90. L’annullamento d’ufficio è esperibile solo in presenza del requisito dell’interesse pubblico e comunque entro un termine ragionevole, in ogni caso, non superiore ai diciotto mesi dal momento dell’adozione del provvedimento. Anche per l’annullamento in autotutela vale la regola di salvezza, espressa dal secondo comma dell’art. 21 octies, secondo cui il provvedimento non è annullabile se il suo contenuto “non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato”.

Ricorsi. Il privato può esperire il ricorso in unica istanza all’organo sovraordinato alla P.A., avverso i provvedimenti non definitivi lesioni della sua situazione giuridica soggettiva. Il rimedio è il cosiddetto ricorso gerarchico, previsto dal D.P.R. nr. 1199/1971, al Capo I, art. 1 che permette all’organo gerarchicamente superiore (ricorso gerarchico proprio) o ad altro organo competente (ricorso gerarchico improprio), di poter sindacare i motivi di legittimità e di merito del provvedimento. La procedura in questione, oltre ad attribuire un sindacato forte all’Amministrazione sovraordinata, conferisce anche ampi poteri di sospensione dell’esecuzione del provvedimento.

Similare al predetto procedimento è il ricorso in opposizione contemplato dal D.P.R. nr. 1199/1971, al Capo II, art. 7, che richiama le norme in materia di ricorso gerarchico sulla legittimità e il merito del primo provvedimento emesso dalla P.A. L’unica evidente differenza che intercorre fra il ricorso gerarchico e quello in opposizione è il seguente:  il primo viene proposto all’autorità gerarchicamente superiore; il secondo, invece, viene presentato all’organo che ha emanato l’atto impugnato.

In definitiva, il cittadino leso da un atto dell’Amministrazione ha una pluralità di strumenti esperibili al fine di salvaguardare compiutamente la sua situazione giuridica soggettiva. Infatti il diritto amministrativo moderno non solo contempla una pluralità di procedimenti, ma munisce il giudice o l’amministrazione interpellata, di un sindacato particolarmente incisivo. Del resto il controllo sulla legittimità o sul merito degli atti, rappresenta una prerogativa imprescindibile per il nostro Stato di diritto, derivante dai principi sanciti agli artt. 24, 97, 111 Cost. e dagli artt. 6,7 CEDU.

Risarcimento. Il sindacato del giudice può estendersi, in base alle domande del privato, anche all’azione di risarcimento danni, mediante un’azione di condanna ex art. 30 c.p.a.. L’azione ha subito negli anni un radicale mutamento, tale da renderla autonoma rispetto all’azione di annullamento, al fine di un più concreto ed effettivo interesse del privato. L’azione di risarcimento del danno può essere richiesta entro centoventi giorni dal momento di verificazione del fatto o dalla conoscenza del provvedimento, seguendo le regole dell’art. 2043 c.c., con la conseguenza che spetterà al ricorrente l’onere della prova del nesso causale, colpa o dolo della P.A. e del danno conseguente.

Ai sensi dell’art. 30, 133 lett. a) nr.1) c.p.a., il giudice amministrativo ha giurisdizione esclusiva su tutte le richieste di risarcimento del danno derivanti da lesione di interessi legittimi o di diritti soggettivi, per le materie di competenza relativa.

BIBLIOWEB:

Legge 241/1990, aggiornamento 2015  http://www.commissioneaccesso.it/media/49026/legge%207-8-1990%20n.%20241-agg.2015.pdf
D.lgs. n. 104/2010 (aggiornato al 16 novembre 2020)
https://www.giustizia-amministrativa.it/il-codice-del-processo-amministrativo1
Sito CEDU https://www.echr.coe.int/Pages/home.aspx?p=applicants/ita&c
Cassazione: Sezioni Unite Civili, Ordinanza n.19598-2020,18/09/2020 (in PDF allegato)
Eccesso di potere https://newmicro.altervista.org/?p=8354
Il vademecum dalla Cassazione https://newmicro.altervista.org/?p=6312
Buone carte per cambiare la PA (finalmente) https://newmicro.altervista.org/?p=5768

 Corte di Cassazione – Sezioni Unite Civili, Ordinanza n.19598-2020 – 18 settembre 2020 (PDF)

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Francesco Bondanini

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