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Covid-19 & tromboelastogramma

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Covid-19 & tromboelastogramma
(Last Updated On: 30 luglio 2020)

Inun editoriale del 10 luglio u.s., pubblicato su “The Lancet Haematology”, il Dr Thomas Kander, della Facoltà di Medicina dell’università di Lund (Svezia), pone in una efficace sintesi il fondamentale aspetto patogenetico della pandemia Covid: la coagulopatia.

In effetti, a partire dal tragico 21 febbraio 2020, tutti noi, in laboratorio ed in reparto, ci siamo imbattuti in quadri imprevisti. I pazienti critici COVID+ presentavano livelli di Dimero D, INR e aPTT ratio tipici di una coagulopatia sepsi correlata o più estesamente di una DIC.

Unica eccezione, i livelli di fibrinogeno, persistentemente elevati, mentre coerentemente  ridotta risultava la conta piastrinica. La letteratura e la nostra diretta osservazione, riconducono la coagulopatia alla tempesta citochinica scatenata dal legame del virus col recettore ACE2 dell’epitelio respiratorio.

Il profilo citochinico realizzato viene paragonato a quello della linfoistiocitosi, per aumento marcato della Ferritina, molecola “alla portata” di tutti i laboratori clinici e di altre chemochine, più difficili da dosare: IL-1, IL-2, IL-6, IL-7, granulocyte-colony stimulating factor, interferon-γ inducible protein 10, monocyte chemoattractant protein 1, macrophage inflammatory protein 1-α ed il tumour necrosis factor. In maggioranza sono molecole con forte ruolo pro-infiammatorio.

Nel nostro laboratorio i valori medi in pazienti critici della terapia intensiva sono stati, per il Dimero D > 10.000 µg/L e per la Ferritina superiori a 1.000 mg/L. La Piastrinopenia (<100.000/mm3) e la leucocitosi neutrofila hanno completato il quadro (drammatico) dei pazienti Covid+. Situazione aggravata, nella fase di picco della pandemia, dal numero dei pazienti afferenti giornalmente al DEA.

I nostri dati sono confrontabili con quelli riportati, all’inizio di luglio, su The Lancet Haematology dal Dr.Danying Liao e collaboratori, in uno studio di coorte retrospettivo, effettuato a Wuhan,  Cina, su 380 pazienti COVID+, con età media di 64 anni e diversi gradi clinici di gravità, al ricovero, da moderata a critica.

Lo studio ha evidenziato che la severità della malattia era sempre direttamente correlata alla gravità delle alterazioni del profilo coagulativo, con riduzione delle piastrine, allungamento del INR e della Ratio del aPTT ed in particolare con l’aumento del Dimero D. In pratica gli autori concludono che la compromissione di questi semplici test di routine correla bene con la gravità del quadro clinico e la severità della prognosi.

In sostanza i test coagulativi, si riconosce in letteratura, esprimono un alto valore predittivo clinico nella COVID-19.

Un dato ancora più interessante deriva da uno studio americano condotto dal Dr Todd K. Rosengart, presso il Baylor St. Luke’s Medical Center di Houston. Analizzando una coorte di 21 pazienti, con età media di 68 anni, ammessi in terapia intensiva per quadri severi o gravi di malattia polmonare, è stata riscontrata in alta percentuale (62%) una trombosi clinicamente rilevante, associata a costanti segni di ipercoagulabilità, evidenziabili in tutti i soggetti solo grazie ad alterazioni dei parametri tromboelastografici.

Nei pazienti reclutati, i livelli di fibrinogeno e dimero D erano particolarmente alti ed in tutti il rischio trombotico era stato affrontato preventivamente con chemoprofilassi standard (infusione di eparina o enoxeparina [2 mg/kg/die]). Allo stesso modo tutti i pazienti erano stati sottoposti a Tromboelastogramma (TEG) diretto o dopo correzione con eparinasi.

19 pazienti hanno presentato dati di ipercoagulabilità sulla base del solo TEG, secondo due criteri: l’attività del fibrinogeno e la MA (Maximum Amplitude) nella retrazione del coagulo elastografico. Tutti i 13 soggetti con evidenza clinica di eventi trombotici profondi (il 62% del totale), presentavano marcate alterazioni tromboelastografiche. Nel dettaglio, distinguendo due gruppi: uno (di 10 pazienti) ad alto tasso di evento trombotico (>2 per ricovero) e l’altro (di 11 pazienti) a minore tasso di eventi trombotici (<2 per ricovero), non è stata rilevata nessuna differenza statisticamente significativa di rischio tromboembolico mediante INR, aPTT o conta piastrinica. Al contrario il TEGMA,  nei pazienti ad alto rischio, era significativamente più alto del MA rilevato nel gruppo a più basso tasso di eventi trombotici. In sostanza il parametro MA del TEG, in questi  pazienti, ha presentato un valore predittivo clinico negativo del 100% ed una sensibilità, per gli episodi trombotici critici, del 100%.

Il vecchio Tromboelastogramma (descritto per la prima volta nel 1948, sulla “Klinische Wochenschrift” da Helmut Hartert dell’Università di Heidelberg), assurto agli onori della copertina del libro di Medicina di Laboratorio di Angelo Burlina e Camillo Bonessa (nel 1981), sembra contribuire ancora oggi alla accurata identificazione dei pazienti con aumentato rischio trombotico, evitando terapie anticoagulanti non necessarie e monitorando, nello stesso tempo, i soggetti a più alto rischio.

Le alterazioni del TEG, associate all’aumento del Fibrinogeno, del Dimero D e dell’attività Plasminica, riflettono un complesso processo infiammatorio ed ematologico, premonitore della coagulopatia intravascolare disseminata associata alla COVID-19, l’evento patogenetico fondamentale nel determinismo della letalità della malattia.

La riscoperta del valore del TEG  è  una testimonianza del contributo storico della medicina di laboratorio a quella intensivista. Esprime anche la rivalutazione di un metodo analitico per decenni abbandonato, perché indaginoso e poco ripetibile. Le recenti innovazioni tecnologiche ne hanno riabilitato l’utilità clinica, per esempio nella stima del rischio emorragico da deficit fattoriali e nella stratificazione del rischio associato a trapianto.

In effetti il TEG è l’unico test in grado di esaminare la cinetica della formazione del coagulo, valutandone l’elasticità e la forza di retrazione. Esplora, fornendone una rappresentazione grafica, l’intero processo emocoagulativo, dalla formazione del coagulo alla sua lisi. Uno dei parametri fondamentali interpretativi che fornisce è proprio quello selezionato nei lavori descritti: la Massima Ampiezza (MA).

Non a caso, perché la MA rappresenta una funzione diretta delle proprietà dinamiche massime del legame di fibrina e piastrine e dell’intensità dell’aggregazione piastrinica.  E’ un parametro che prende in analisi la consistenza del coagulo e dà un indice della forza massima raggiunta dallo stesso. Sul tromboelastogramma è misurato come massima ampiezza verticale del tracciato (in mm, v.n. 54-72). In sostanza valori elevati di MA sono indicativi di uno stato di ipercoagulabilità.

Ed è proprio l’ipercoagulabilità l’evento critico, ad espressione multiorgano spesso letale, drammaticamente prodottosi durante la pandemia.

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BIBLIOWEB:

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Liao D, Zhou F, Luo L, et al. Haematological characteristics and risk factors in the classification and prognosis evaluation of COVID-19: a retrospective cohort study. Lancet Haematol 2020; published online July 10https://doi.org/10.1016/S2352-3026(20)30217-9
Helmut Hartert.  Originalien Blutgerinnungsstudien mit der Thrombelastographie; einem neuen Untersuchungs verfahren. Klin Wochenschr – Univ Heidelberg (Direktor: Prof. Dr. R. Siebeck) 1948 Oct 1; 26(37-38):577-83. doi: 10.1007/BF01697545 https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/18101974/
Diabete & Covid http://newmicro.altervista.org/?p=7481
COVID-19 Il silenzio degli innocenti http://newmicro.altervista.org/?p=7288
Covid Insegna http://newmicro.altervista.org/?p=7359
COVID News http://newmicro.altervista.org/?p=7341
Covid 19 Test sierologici http://newmicro.altervista.org/?p=7319
Dal Dire al Fare http://newmicro.altervista.org/?p=7308
COVID-19 Test di Laboratorio http://newmicro.altervista.org/?p=7193
Emergenza COVID-19: UNI per Noi http://newmicro.altervista.org/?p=7184

 Helmut Hartert.  Originalien Blutgerinnungsstudien mit der Thrombelastographie; einem neuen Untersuchungs verfahren. Klin Wochenschr – 1948 Oct 1 (Pdf)

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Sandro Pierdomenico

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