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Sanità di Cartone

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Sanità di Cartone
(Last Updated On: 26 aprile 2019)

Gessi di cartone a Reggio Calabria. Annullata la sospensione al medico che scattò le foto

“Cisono limiti che non possono essere oltrepassati, livelli al di sotto dei quali non si può scendere. Come si può privare un pronto soccorso dei materiali necessari a medicare una semplice frattura? E purtroppo questa, che sembra una barzelletta, è solo la punta dell’iceberg per un ospedale dove manca di tutto: materiali, apparecchiature, personale“.

Questa è la realtà non di un paese “in via di sviluppo”, come eufemisticamente definiamo i paesi del terzo mondo, ma la realtà nell’Azienda “Grande Ospedale Metropolitano Bianchi – Melacrino – Morelli” di Reggio Calabria. Come sappiamo, la Sanità calabrese è stata “commissariata” dal Ministro della salute, così come l’ASL di Reggio Calabria è stata “sciolta” per mafia. Proviamo a fare il punto sul caso in questione.

Era il luglio 2018 e un medico, in pensione da alcuni mesi, Gianluigi Scaffidi, sindacalista del “ANAAO” regionale, denunciò gravissime carenze al Pronto Soccorso dell’Azienda ospedaliera, che costringevano i medici ad utilizzare il Cartone per trattare i pazienti con traumi agli arti.

Il reparto ortopedia è aperto solo fino alle 20, perché manca il personale che lo faccia funzionare. La sala gessi funziona solo in ortopedia, il pronto soccorso ne è sprovvisto. Così chi arriva con una frattura dopo le 20, deve attendere fino al mattino successivo l’arrivo degli specialisti. Ma al P.S. mancano anche i tutori, le stecche rigide e le altre protezioni che facciano da rimedio momentaneo. Così il personale, da qualche tempo, si deve arrangiare con i pezzi di cartone”. Queste le parole di Scaffidi.

Come spesso succede, l’Azienda non era rimasta a guardare, in silenzio: partiva la caccia al capro espiatorio. Aveva preso provvedimenti disciplinari nei confronti di un suo dipendente, Domenico Caminiti, delegato aziendale del Fvm-Smi (oggi delegato Fismu-Fvm), reo di avere scattato alcune foto e di averne condivise due, in una chat intersindacale, di cui facevano parte anche soggetti non dipendenti dall’Azienda, tra cui il sindacalista dell’ANAAO che successivamente le avrebbe inviate   alla stampa.

L’Azienda punì il medico che aveva scattato le foto (per danno all’immagine aziendale e violazione del codice di comportamento) con sei mesi di sospensione, senza retribuzione; provvedimento ora annullato dal giudice del lavoro che, pur non pronunciandosi sulle responsabilità, accusa l’Ao di avere ostacolato la possibilità del medico di contestare il provvedimento.  

La decisione del Giudice del Lavoro non entra nel merito delle responsabilità di Caminiti. Il ricorso del professionista è stato accolto perché l’Ao, pur sapendo che il medico aveva cambiato residenza, fece recapitare la contestazione di addebito al vecchio indirizzo, impedendo di fatto al medico di contestarla, entro i termini che scadevano il 10 settembre 2018.

Il dr. Caminiti “veniva notiziato” della contestazione di addebito mediante consegna “a mano”, solo dopo che il termine perentorio era abbondantemente trascorso, osserva il giudice del lavoro, secondo il quale “…l’inosservanza del termine perentorio per la contestazione dell’addebito, comporta l’invalidità del procedimento disciplinare e della stessa sanzione irrogata”.

Tanto è sufficiente per ritenere sussistente il requisito del “fumus boni iuris”, consentendo di ritenere assorbita, perché superflua, ogni ulteriore considerazione in ordine agli altri motivi di impugnazione della sanzione. Sussiste anche il requisito dell’allegato “periculum in mora”, considerato che, nel tempo necessario per il giudizio ordinario, la sanzione della sospensione dal lavoro sarebbe stata applicata ed interamente espiata, con conseguente grave ed irreparabile pregiudizio per il medico.

Contro la decisione dell’Azienda Ospedaliera (che si commenta da sola), il medico aveva presentato ricorso (ex Art. 700 del codice di procedura civile), accolto dal giudice del lavoro, con l’annullamento della sanzione disciplinare e la condanna dell’AO al pagamento delle spese legali.

Speriamo che episodi di questo tipo non si ripetano, in particolare in Calabria (regione che di criticità di questo tipo non sente davvero la necessità), soprattutto perchè le persone dell’AO sono ancora al loro posto! 

Speriamo bene, specie per i Pazienti.

BIBLIOWEB:

Tribunale di Reggio Calabria, Sezione Lavoro – Ordinanza RG n 5328/2018 accoglimento totale n. cronologico 7184/2019 del 14-4-2019  (in PDF allegato)
Vestirsi è un pò curare http://newmicro.altervista.org/?p=5638
Privacy Europea: GDPR, Informativa e i nuovi diritti http://newmicro.altervista.org/?p=4122
Il medico interprete e l’obbligo informativo http://newmicro.altervista.org/?p=4108
Divisa di Lavoro http://newmicro.altervista.org/?p=3578

  Tribunale di Reggio Calabria, Sezione Lavoro – Ordinanza RG n 5328/2018 – 7184 del 14/04/2019 (PDF)

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Giuseppe Catanoso

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