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Babesia d’Italia

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Babesia d’Italia
(Last Updated On: 30 dicembre 2018)

Epidemiologia nel mondo

Fare il punto su patologie rare è sempre un’impresa: se poi si tratta di malattia da vettori, per la quale la diagnosi richiede una “conoscenza di settore” con spiccate competenze integrate, si può capire perché assumono un connotato “esoterico”, nel caso di “apparizioni/segnalazioni” di identificazioni positive. La Babesiosi è sicuramente la più tipica di queste. Forse per tale motivo fa parte delle patologie insegnate a livello universitario (e non solo), o presenti nei siti come ECDC, ma della quale pochi hanno avuto esperienza diretta.

Proviamo a definirne le caratteristiche, ricorrendo alla definizione riportata in una fonte classica, il Manuale Merck. “La Babesiosi è l’infezione causata da un protozoo del genere Babesia. Le infezioni possono essere asintomatiche o causare una malattia simile alla malaria, con febbre e anemia emolitica. La malattia è più grave negli splenectomizzati, negli anziani e nei pazienti con AIDS. La diagnosi viene eseguita attraverso l’identificazione della Babesia in uno striscio di sangue periferico, con test sierologici o PCR. Il trattamento, quando necessario, prevede azitromicina più atovaquone o chinino più clindamicina”.

Sin qui il riassunto “certificato”, ma molto altro riguarda questa patologia, sicuramente sottostimata. Si pensa che la babesiosi abbia dato problemi agli esseri umani, sin dalla preistoria, attraverso l’infezione degli animali da allevamento/compagnia. Formalmente identificata nel 1888, ad opera di Victor Babes (casualmente, durante lo studio della causa della emoglobinuria febbrile bovina). Di poco successiva la scoperta che le zecche funzionavano da vettori, per la trasmissione di Babesia bigemina.

La babesiosi canina è conosciuta anche come piroplasmosi, è trasmessa da zecche della famiglia Ixodidae. Sono documentate altre modalità di trasmissione, come le trasfusioni, sia di sangue intero sia di emocomponenti (come eritrociti o piastrine), in cui pare che il parassita possa sopravvivere fino a tre settimane, anche se congelato. Due casi sono documentati di via transplacentare.

Negli USA la Babesiosi umana è causata generalmente da Babesia microti, identificata in Peromyscus leucopus negli anni ‘30. Solo nel 1976,  P.leucopus è riconosciuto come reservoir. Sempre negli USA, la babesiosi è stata considerata una patologia comune in molti animali,  fino agli anni ‘60, epoca in cui vennero riportati casi d’infestazione in persone dell’isola di Nantucket. Da allora, la babesiosi umana, nelle aree del nord est degli USA, sta diventando una patologia relativamente comune, con centinaia di casi descritti (136 nell’area di New York, tra il 1970 ed il 1991, 160 a Nantuck, tra il 1969 ed il 1998).

Si ritiene che il numero d’infestazioni sia molto più elevato. Alcuni dei casi si sono verificati a seguito di trasfusioni, mentre in Europa non si è a conoscenza di simili situazioni. Il quadro epidemiologico si è allargato grazie all’identificazione di stipiti di Babesia ancora non precisamente classificati, WA1 (Washington), CA1 (California) ed MO1 (Missouri). Presentano una reattività crociata (in immunofluorescenza indiretta), con una specie di Babesia canina. L’analisi delle sequenze, invece, ha permesso d’identificare delle analogie con ceppi isolati da pecore e cervi selvatici. Indagini sierologiche (popolazione di donatori di sangue), hanno riportato una prevalenza degli anticorpi contro Babesia microti tra il 3 ed il 8%. Uno studio californiano ha riportato una prevalenza del 16%, di anticorpi contro l’organismo WA1 (anche se vi sono dubbi sulla specificità della metodica!)

In Europa il primo caso di babesiosi umana risale al 1957, nella ex Jugoslavia. Riguardò un agricoltore splenectomizzato, morto per insufficienza renale, dopo un quadro clinico grave con presenza d’anemia, emoglobinuria e febbre, per un’infezione da Babesia bovis. Successivamente sono stati descritti circa trenta casi, dovuti generalmente a Babesia divergens (qualche autore sostiene che anche il caso del 1957 potrebbe essere stato causato da B. divergens, la quale è difficile da distinguere morfologicamente dalla bovis).

Sono stati attribuiti, tramite un’indagine morfologica o per mezzo delle caratteristiche antigeniche, altri casi a Babesia canis, B. microti o ad altre specie non riconosciute con certezza. La mortalità, risulta essere abbastanza elevata (circa il 40%, in base alla casistica), specie in soggetti immunocompromessi, anziani o sottoposti a splenectomia. Molti dei casi si sono verificati in Francia o in Gran Bretagna. Si ritiene che la distribuzione sia in realtà sottostimata. Per mezzo di metodiche di biologia molecolare, è stato caratterizzato un ceppo responsabile di due casi, denominato EU1 (European Union 1), rispettivamente in Italia e Francia, la cui comparazione, con altre sequenze, ha indicato delle analogie con Babesia odocoilei (che parassita i cervi).

La mortalità da Babesia microti negli Stati Uniti d’America è all’incirca del 5%. In Asia, la babesiosi umana è causata da specie simili a B. microti (diverse dal punto di vista antigenico e/o molecolare). In Giappone si è registrato il primo caso nel 1999. Sono stati segnalati episodi in Africa (dove è importante il problema della diagnosi differenziale con i plasmodi malarici). Ad oggi, in Italia, è noto un solo caso di babesiosi; nel resto del mondo sono stati descritti pochi episodi di babesiosi umana.

Sottolineando il ruolo delle zecche come vettori, deve essere valutata l’eventualità di co-infezioni con la malattia di Lyme o con l’Ehrlichiosi (già dimostrate da studi sierologici). Se avete seguito sin qui, non potete rinunciare alla lettura delle diapositive presentate, al convegno di Desenzano, da Anna Beltrame (che ringraziamo) per completare il “Mondo Babesia”, con un focus sull’Italia. Le trovate in allegato e-book.

BIBLIOWEB:

Manuale Merck https://www.msdmanuals.com/it-it/professionale/malattie-infettive/protozoi-extraintestinali/babesiosi
ORPHANET https://www.orpha.net/consor/cgi-bin/OC_Exp.php?Lng=IT&Expert=108
Gioia Capelli – Babesiosi canina da Babesia canis, autoctona o no? https://www.izsvepets.it/babesiosi-canina-babesia-canis-autoctona-no/
qPCR Babesia microti http://www.tropicalmed.eu/Page/WebObjects/PageTropE.woa/wa/displayPage?name=Esame+qPCR+Babesia
A. Beltrame. Babesia: esiste sul serio in Italia? – Atti del Convegno NewMicro “Malattie parassitarie da vettore: problematiche sanitarie in pianura padana”, Desenzano del Garda, 1 Dicembre 2018 (in allegato Ppt-FlipBook)

Nasce “ Malattie Vettoriali”   http://newmicro.altervista.org/?p=5104
Insieme contro le Arbovirosi   http://newmicro.altervista.org/?p=4866
Desenzano Approved   http://newmicro.altervista.org/?p=4900
Malattia di Lyme   http://newmicro.altervista.org/?p=4448
Zecche a Verona   http://newmicro.altervista.org/?p=4115
Le Malattie Tropicali Dimenticate   http://newmicro.altervista.org/?p=1977
Chi ha paura delle zecche cattive? http://newmicro.altervista.org/?p=967
NTD sono ancora veramente tropicali? http://amicimedlab.altervista.org/?p=8056

 Babesia: esiste sul serio in Italia? Anna beltrame, Desenzano del Garda, 1 Dicembre 2018 (PPT-FlipBook)

Un Click per Leggere

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Paolo Lanzafame

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