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L’urgenza prevale sul consenso informato

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L’urgenza prevale sul consenso informato
(Last Updated On: 28 luglio 2018)

Cassazione Penale Sez. IV Sentenza N. 31628 Anno 2018

Salvare la vita di un paziente prevale su tutto il resto, specie in caso di emergenza, a maggior ragione se il paziente non è in grado di esprimere il consenso (nel caso, con patologia psichiatrica). Anche secondo la Cassazione (sentenza 31628/2018 della IV sezione penale). Di di fronte ad una situazione di pericolo per l’integrità fisica del paziente, il medico ha l’obbligo di procedere alle cure necessarie, predisponendo i presidi ed i trattamenti per prevenire conseguenze pregiudizievoli o letali.

Il fatto giudicato, riguardava un medico che ad una paziente del Pronto Soccorso, praticandole le medicazioni e le suture necessarie, aveva omesso di effettuare la profilassi antitetanica e antibiotica necessaria per la natura delle ferite, profonde e sporche di terra. Un secondo collega, che non aveva preso parte agli interventi terapeutici perché relativi ad altra branca ospedaliera e che si era attivato per ottenere un consulto psichiatrico (la ricoverata presentava una condizione di depressione cronica, facendo temere ulteriori atti di autolesionismo), è stato accusato di aver firmato la dimissione della paziente pur dopo il rilievo della mancata esecuzione della profilassi antitetanica.

Ai due medici, in servizio nel giorno del ricovero della paziente, poi deceduta, era stato imputato il reato previsto agli artt. 113 (cooperazione nel delitto colposo) e 589 (omicidio colposo) del codice penale, perché uno in qualità di medico del Pronto Soccorso e l’altro quale medico dello stesso ospedale, avevano provocato la morte della paziente, per grave insufficienza respiratoria, conseguente ad infezione tetanica non trattata durante il primo ricovero.

Condannati a sei mesi di reclusione l’uno ed a quattro mesi l’altro (concesse le attenuanti generiche a entrambi) dal Tribunale di Avellino, per non aver eseguito gli atti sanitari necessari a intervenire nelle diverse fasi del ricovero e della dimissione, di un soggetto giunto in ospedale per diverse ferite da taglio all’addome ed ai polsi, auto inferte. Entrambi i medici avrebbero omesso di praticare la terapia antibiotica e antitetanica, atto doveroso, secondo la leges artis, i protocolli sanitari e due circolari della Regione Campania.

La difesa aveva sostenuto che i medici, in questo modo, avrebbero dovuto effettuare un trattamento sanitario, in assenza di un consenso da parte della paziente (prescritto da norme di carattere nazionale) e solo basandosi su circolari in materia di natura sotto ordinata.

La Cassazione ricorda, nella sentenza, che le sezioni unite avevano già chiarito come “non integra il reato di lesioni personali, né quello di violenza privata la condotta del medico che sottoponga il paziente ad un trattamento terapeutico in relazione al quale non sia stato prestato il consenso informato, nel caso in cui questo, eseguito nel rispetto dei protocolli e delle leges artis, si sia concluso con esito fausto, essendo da esso derivato un apprezzabile miglioramento delle condizioni di salute del paziente, in riferimento anche alle eventuali alternative ipotizzabili e senza che vi fossero indicazioni contrarie da parte dello stesso”.

“La necessità del consenso informato, così come prospettata dal ricorrente, è del tutto inconferente al caso di specie nel quale il rimprovero mosso ad entrambi i sanitari, ciascuno rispetto agli incombenti svolti ed alle rispettive fasi di ricovero e dimissione, è di non aver praticato alla persona offesa la necessaria terapia antitetanica, comportamento doveroso che, se attuato, avrebbe evitato l’insorgenza dell’infezione per la quale la donna successivamente è deceduta”.

Esattamente la Corte di appello di Napoli afferma che la profilassi antitetanica ed antibiotica risultava necessaria, proprio in considerazione della natura delle ferite, all’evidenza immediata profonde e sporche di terra, così come peraltro aveva rilevato l’ortopedico, il quale, intervenuto su richiesta per accertare eventuali lesioni tendinee, aveva consigliato di “eseguire una profilassi antitetanica”.

Per la Cassazione le dimissioni di un paziente non hanno affatto un carattere meramente formale, perché sul medico che vi provvede grava l’obbligo di esaminare la cartella clinica del paziente. La responsabilità per colpa, del secondo medico ricorrente, scaturisce dal fatto che disponeva di tutte le informazioni e dati clinici sulle condizioni della paziente, cioè dei dati che evidenziavano l’omessa somministrazione della terapia necessaria e ciò non di meno non è intervenuto per rimediarvi o per evidenziare la necessità della profilassi in questione.  Il reato risulta prescritto: rimane la condanna al risarcimento delle parti civili.

Con questa sentenza si realizza una chiara ipotesi, in cui il consenso non è indispensabile ma le cure si.

BIBLIOWEB:

Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 31628 Anno 2018
Se il consenso è poco chiaro   http://newmicro.altervista.org/?p=3938
DAT e consenso informato   http://newmicro.altervista.org/?p=3801
LEGGE 22 dicembre 2017, n. 219  Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento. (18G00006) (GU Serie Generale n.12 del 16-01-2018)  http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2018/01/16/18G00006/SG

 Cassazione Penale -  Sez. 4,  Sentenza n. 31628 / 2018  (PDF)

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Giuseppe Catanoso

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