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Darwin, Mendel, Fleming e i superbug

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Darwin, Mendel, Fleming e i superbug
(Last Updated On: 3 marzo 2016)

Ovvero l’epopea infinita della farmacoresistenza

Quando Alexander Fleming fu insignito del Premio Nobel (nel 1945) a tutti lasciò una semplice raccomandazione : fate buon uso della nostra scoperta! La sua frase fu premonitrice di un fenomeno che allarma oggi operatori sanitari, media e politici: la diffusione di microrganismi multi e pan resistenti, i cosiddetti “superbug”.

Il tutto è iniziato con la perdita di efficacia della penicillina e poi con un susseguirsi inesorabile di resistenze: alla meticillina, alle cefalosporine, ai glicopeptidi, ai carbapenemi ed oggi alle polimixine. Il problema ha raggiunto dimensioni globali: l’OMS ha dichiarato la resistenza agli antimicrobici emergenza sanitaria del secolo; il presidente Obama ha incluso nel discorso alla Nazione l’impegno federale nel finanziare la lotta alle resistenze!

In assenza di nuove molecole, autorità sanitarie e società scientifiche si accalorano sui temi della limitazione prescrittiva e dell’appropriatezza terapeutica, come strumenti fondamentali per arginare il fenomeno. Se questa è la realtà odierna, a sessant’anni dalla scoperta di Fleming e del Gruppo di Oxford, dobbiamo forse ammettere di aver disatteso quella raccomandazione?

Citando D’Annunzio possiamo rispondere: “forse che sì forse che no”.

E’ vero che l’uso degli antimicrobici promuove una pressione selettiva e Darwin lo ha documentato. Mendel però ha decifrato una ereditarietà altrettanto significativa:

a) modelli previsionali in vitro evidenziano la preesistenza di mutanti resistenti in microrganismi replicanti, in assenza di molecole inibitorie;
b) la natura del genoma microbico è polimorfa (nei batteri cromosomico e plasmidico, negli eucarioti nucleare e mitocondriale, nei virus con RNA o DNA, a polarità positiva o negativa ed assetto mono o bicatenario); quindi estremamente plastica e naturalmente variabile;
c) l’archeogenetica ha dimostrato la presenza, molto prima della scoperta degli antibatterici, di geni codificanti per una o più resistenze.

La pressione selettiva agisce di sicuro, ma su una ereditarietà precostituita. Darwin non può essere dissociato da Mendel. Entrambi decifrano un fenomeno di cambiamento continuo ed è difficile assegnare ad ognuno un peso relativo.

L’equazione “Uso/Abuso dell’antimicrobico = Insorgenza di Resistenze”, seppure intuitiva, non ha a tutt’oggi una dimensione quantitativa della causalità, se l’osserviamo alla luce di prove di evidenza. In sostanza e nel rispetto dei principi del “EBM”, la limitazione prescrittiva non può risolvere il problema da sola e soprattutto se si restringe l’intervento alla Medicina.

In realtà il massivo uso (ed abuso) degli antimicrobici non è medico ma veterinario ed alimentare. In agricoltura vengono consumati ogni anno tonnellate di farmaci sia a scopo veterinario sia come promotori di crescita: esempi paradigmatici e ben documentati riguardano l’avoparcina, la colistina e la piperacillina-tazobactam. Alla luce della libera circolazione delle merci, imposta oggi dal WTO, sembra evidente che solo una strategia globale di limitazione d’uso, coordinata e sorvegliata da enti sovranazionali (OMS, eCDC), possa dare veri risultati.

L’appropriatezza è l’altro cardine della strategia anti-resistenze. E’ comunemente intesa come diagnostica e terapeutica. E’ facile da codificare in carte di controllo, diagrammi di flusso o algoritmi. Difficile è e sarà applicarla con efficacia.

La Medicina di Laboratorio svolge un ruolo di stewardship: la biologia molecolare e la spettrometria di massa permettono diagnosi eziologiche rapide; le MIC (concentrazioni inibenti) e le MPC (concentrazioni prevenienti i mutanti) completano il tradizionale antibiogramma; il sequenziamento permette la lettura tempestiva di resistenze virali e batteriche; biomarker come procalcitonina, GlycA, lattato e PCR contribuiscono non da meno all’appropriatezza clinica.

Il successo della strategia è però condizionato da limiti intrinseci: l’uso pur appropriato della terapia antimicrobica ha come effetto indesiderato una pressione selettiva sul microbioma umano. L’esempio comune è la patologia associata al Clostridium difficile tossinogenico.

Il delta tra MPC e MIC è prevedibile nel siero ma poco noto e difficile da controllare nei tessuti, soprattutto in presenza di un processo infiammatorio.
La biodisponibilità e la farmacocinetica possono variare notevolmente tra individui anche in assenza di comorbidità significative e lo stesso può dirsi per le costanti di farmacodinamica.
L’insieme delle problematiche subordinate all’appropriatezza ed alla limitazione prescrittiva conduce inevitabilmente alla personalizzazione della terapia ed alla gestione d’equipe del paziente.
Il Professor Pende già nel 1932 affermava: “una terapia moderna deve per lo meno aspirare a divenire sempre più terapia individuale, etiologica, patogenetica, localistica ed unitaria nel tempo stesso.”

BIBLIOWEB:

1- N. Pende. Terapia Medica Speciale. A.Wassermann. Cromotipia Ettore Sormani – Milano 1932.

2- D.L. Andersson. Improving predictions of the risk of resistance development against new and old antibiotics. Clin Microbiol Infect 2015; 21(10): 894-898. http://dx.doi.org/10.1016/.cmi.2015.05.012

3- M. Anisimova. Darwin and Fisher meet at biotech: on the potential of computational molecular evolution in industry. BMC Evol Biol 2015; 15:76 DOI 10.1186/s12862-015-0352-y

4- TESSy – The European Surveillance System Antimicrobial resistance (AMR) reporting protocol 2015 European Antimicrobial Resistance Surveillance Network (EARS-Net) surveillance data for 2014 – march 2015 ECDC

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Sandro Pierdomenico

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