Blog

Soluzioni di oggi, problemi di domani. Immunoterapici e Tiroiditi

Posted by:

Soluzioni di oggi, problemi di domani. Immunoterapici e Tiroiditi
(Last Updated On: 23 maggio 2015)

Gli immunoterapici di nuova generazione utilizzati nel trattamento delle neoplasie metastatiche possono indurre tiroiditi subcliniche.
E’ quanto affermano gli autori di uno studio presentato dieci giorni fa all’incontro annuale della American Thyroid Association (ATA). Le conclusioni del lavoro inducono a programmare il monitoraggio tiroideo i pazienti che vengono sottoposti a questo tipo di trattamento.

Era già stata segnalata un’associazione tra endocrinopatie e uso di interferone, chinasi-inibitori, interleuchina 2 e radioterapia.
Gli approcci più recenti prevedono invece l’utilizzo di anticorpi contro l’antigene 4 dei linfociti T citotossici (CTLA-4) e contro il recettore 1 per la morte cellulare programmata (PD-1), che agiscono come regolatori immunologici negativi, inibendo la proliferazione dei linfociti T, l’attivazione e il rilascio di citochine a seguito di contatto con antigeni estranei. CTLA-4 è già stato messo in relazione all’insorgenza di alcune endocrinopatie, specialmente ipofisiti, mentre non si avevano segnalazioni analoghe per il PD-1, presente sul mercato americano come pembrolizumab (Keytruda, Merck), prescrivibile per il melanoma avanzato, e come nivolumab (Bristol-Myers Squibb), disponibile invece in Giappone.

Dallo studio emerge l’utilità di monitorare la funzionalità tiroidea in questa categoria di pazienti, soprattutto per rilevare l’insorgenza di ipertiroidismo, il cui controllo (a differenza dell’ipotiroidismo, facilmente gestibile) potrebbe rivelarsi problematico in questi soggetti, ed è pertanto clinicamente importante una diagnosi precoce di tale disfunzione.
La pratica clinica corrente non prevede infatti il monitoraggio della funzionalità tiroidea nel follow up di questa categoria di pazienti.

Lo studio in oggetto ha interessato 10 pazienti, 7 con melanoma maligno e 3 con carcinoma polmonare non a piccole cellule.
Età media 55 anni, 60% di sesso femminile.
Sei pazienti che hanno avuto una tireotossicosi transitoria, trattata favorevolmente con beta bloccanti, hanno poi sviluppato ipotiroidismo che ha richiesto terapia sostitutiva.
I pazienti erano tutti negativi per gli anti-recettore del TSH, escludendo quindi la diagnosi di Graves.
Gli altri quattro si presentavano già ipotiroidei, ma non si può escludere che la fase tireotossica fosse semplicemente sfuggita all’osservazione clinica.
L’insorgenza della sintomatologia tiroidea non è in relazione con la risposta oncologica al trattamento.

E’ interessante notare che non tutti i pazienti sottoposti a questi trattamenti sviluppano endocrinopatie.
La spiegazione potrebbe risiedere in una diversa suscettibilità immunologica, per la presenza di varianti polimorfiche dei recettori del CLTA4 e del PD-1.
Queste varianti esistono, e sono già state sospettate essere la base predisponente all’insorgenza “spontanea” di endocrinopatie autoimmuni come il Graves, l’Addison, il diabete tipo 1. Meccanismi simili potrebbero essere la spiegazione eziopatogenetica dell’insorgenza saltuaria di tiroidite in sottogruppi di pazienti in trattamento oncoimmunologico.

BIBLIOGRAFIA
84° Annual Meeting della American Thyroid Association; San Diego, CA., 29 Ottobre – 2 Novembre. Il lavoro è riassunto nell’ Abstract 12.

Print Friendly, PDF & Email


Articoli correlati:


  • Nessun Articolo correlato
0
Sergio Galmarini

About the Author

Email: [email protected]
Go To Top
AVVERTENZA: Questo sito web utilizza i Cookies al fine di offrire un servizio migliore agli Utenti Maggiori informazioni