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PIU’ EVIDENZA O PIU’ CONFUSIONE? Le nuove Linee Guida sul Colesterolo

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PIU’ EVIDENZA O PIU’ CONFUSIONE? Le nuove Linee Guida sul Colesterolo
(Last Updated On: 1 settembre 2014)

Pubblicate lo scorso novembre, le nuove “Linee guida cliniche per la gestione del colesterolo, Adult Treatment Panel (ATP)” sotto l’egida del National Heart Lung and Blood Institute e a cura dell’ American College of Cardiology (ACC), dell’ American Heart Association (AHA) e di altre associazioni e organismi professionali, sono molto più di una semplice rispolverata rispetto al vecchio Adult Treatment Panel III National Cholesterol Education Panel (ATP III NCEP). Lo sforzo compiuto in termini di revisione sistematica delle evidenze può essere considerato una delle imprese più complesse e rigorose in tema di revisioni sistematiche evidence-based mai fino ad oggi condotte.

Eppure, a nove mesi di distanza dalla loro pubblicazione, esiste ancora notevole confusione tra i professionisti sulla loro applicazione. Oltre alle importanti variazioni – la più rilevante delle quali è certamente l’abbandono dei target di concentrazione dell’ LDL-colesterolo a vantaggio della identificazione di 4 specifici gruppi di pazienti che possono beneficiare della terapia con statine a varie posologie- lo scenario del colesterolo è reso ancora più intricato dalla comparsa di altri documenti, tra cui alcuni di provenienza europea e canadese, contenenti consigli e raccomandazioni sul trattamento dei pazienti a rischio per malattie cardiovascolari.

Data la confusione e i contrasti esistenti, il recente articolo pubblicato da Pamela Morris (Medical University of South Carolina, Charleston) e colleghi su JACC cerca di mettere ordine e fornire criteri di interpretazione meno contraddittori. Nell’articolo vengono riassunte le conclusioni americane accanto a quelle della European Society of Cardiology/European Atherosclerosis Society (ESC/EAS), della Canadian Cardiovascular Society (CCS), e della International Atherosclerosis Society (IAS), come pure le linee guida cliniche per la gestione delle alterazioni lipidiche nelle donne, bambini e adolescenti nel diabete e nella malattia renale (CKD), cercando di mettere a confronto differenze e somiglianze.

La Morris sostiene che, parlando con molti colleghi clinici, si è resa conto che nella confusione interpretativa derivante dalle consistenti novità l’atteggiamento prevalente finisce per essere quello di continuare a fare quello che si è sempre fatto, il che è una enorme barriera per il cambiamento. Si rischia pertanto di sottovalutare la portata delle novità proposte dalle nuove raccomandazioni, in particolare l’individuazione di 4 gruppi di pazienti in cui il trattamento con statine in prevenzione primaria o secondaria comporterebbe verosimilmente più benefici che danni:

• Soggetti con malattia cardiovascolare aterosclerotica;

• Soggetti con livelli di LDL-colesterolo > 4.91 mmol/L (190 mg/dL), tipicamente i portatori di ipercolesterolemia familiaresuch as those with familial hypercholesterolemia.

• Soggetti diabetici tra i 40 e i 75 anni con livelli di LDL-colesterolo tra 1.81 e 4.89 mmol/L (70 – 189 mg/dL) e senza evidenze di malattia cardiovascolare aterosclerotica.

• Soggetti senza evidenza di malattia cardiovascolare aterosclerotica o diabete ma con livelli di LDL-colesterolo tra 1.81 e 4.89 mmol/L (70 – 189 mg/dL) e un rischio a 10 anni di malattia cardiovascolare >7.5%.

Le LDL continuano a essere le lipoproteine più studiate, ma nessun documento propone più traguardi numerici di riduzione della loro concentrazione. Tutte le linee guida suggeriscono l’attenta valutazione del rischio individuale come guida all’impiego delle statine, ma le raccomandazioni americane riservano il suggerimento di adoperarle a bassi dosaggi esclusivamente nei pazienti con elevate probabilità di reazioni avverse al farmaco.

Non c’è univocità nelle indicazioni al metodo di misura.

In conclusione, per la dott. Morris “disponiamo oggi di un nuovo strumento di risk management, diverso da quello finora utilizzate. Permangono limitazioni relativamente all’applicabilità a diversi gruppi etnici (non ai ‘latinos’, si agli altri bianchi e agli afro-americani), ma nel complesso le raccomandazioni hanno senso e possono essere perfezionate con l’uso.”

Ultima notazione: due importanti società scientifiche americane, la American Association of Clinical Endocrinologists (AACE) e la National Lipid Association (NLA) non hanno sponsorizzato il documento e continuano a raccomandare ai loro componenti le proprie Linee guida. Non sono state esplicitate le motivazioni del dissenso.

RIFERIMENTI:

Managing Blood Cholesterol in Adults. Systematic Evidence review from the Cholesterol Expert Panel 2013 www.nhlbi.nih.gov/guidelines

Morris PB, Ballantyne CM, Birtcher KK, et al. Review of clinical practice guidelines for the management of LDL-related risk. J Am Coll Cardiol 2014; 64:196-206.

   In allegato la Documentazione relativa in formato PDF

Click per visualizzare la Documentazione

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Marco Caputo

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