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Nascita indesiderata

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Nascita indesiderata
(Last Updated On: 25 febbraio 2023)

Responsabili medico e Asl per la nascita indesiderata

L’insuccesso di un intervento di legatura delle tube uterine è alla base della causa, nei confronti di un’azienda sanitaria e di due medici, promossa da una donna che ha dovuto affrontare il concepimento e la nascita indesiderata della sesta figlia. La coppia agisce in giudizio nel proprio interesse e in quello dei figli minori, per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali derivanti dall’accaduto.

La domanda degli attori viene rigettata dal giudice di primo grado, per il quale la mancata riuscita dell’intervento di legatura, non è attribuibile ad una condotta imperita, imprudente o negligente dei sanitari, quanto piuttosto dal fenomeno asintomatico della fistolizzazione tubo-peritoneale, in base a quanto emerge dalla perizia espletata dal consulente tecnico d’ufficio (c.t.u.).

La decisione però viene ribaltata in sede d’appello. La Corte ritiene sussistente la responsabilità dei sanitari per l’inesatta esecuzione dell’intervento, in virtù delle conclusioni di una nuova consulenza tecnica e quindi condanna i convenuti a risarcire il danno alla coppia. Per la Corte di appello è “più probabile che non” che la loro “legatura e la sezione della tuba di sinistra non fossero state effettuate secondo i canoni di diligenza richiesti.”

Respinta dai consulenti di secondo grado la tesi della fistolizzazione, in quanto i capi della tuba si presentavano entrambi perfettamente accollati e comunque non sarebbe stata sufficiente da sola a permettere il passaggio degli spermatozoi e dell’uovo fecondato per l’impianto nella cavità uterina. Il ripristino del canale della tuba deve quindi ritenersi attribuibile soprattutto a una legatura eseguita nel mancato rispetto delle “lege artis”.

Per la Corte i medici devono rispondere entrambi della errata esecuzione dell’intervento, poiché nell’ambito di un’équipe l’obbligo di diligenza grava su ciascun componente, sia per le mansioni specifiche affidate allo stesso sia per il controllo sull’operato altrui. Agiscono successivamente in Cassazione uno dei due medici responsabili e la figlia dell’altro medico, nel frattempo defunto, sollevando i seguenti motivi:

primo – l’erede del medico contesta le conclusioni della Corte di Appello, perché la stessa ha sposato le conclusioni della seconda consulenza, trascurato gli esisti della prima attribuendo la gravidanza alla fistolizzazione tubo peritoneale. La stessa ritiene inoltre che l’intera responsabilità sia da attribuire alla dottoressa che ha operato in equipe con il defunto padre;

secondo – al pari dell’altra ricorrente, viene contestata alla Corte d’appello di aver deciso trascurando le conclusioni della consulenza di primo grado e fa presente che la gravidanza non poteva che dipendere da un processo di fistolizzazione contemplato dalla letteratura quale presupposto dei casi di fallimento, come sostenuto dal primo c.t.u.

La Cassazione ritiene però il motivo sollevato dall’erede del medico del tutto inammissibile, perché si traduce in una critica alla c.t.u. eseguita in sede d’appello, solo perché in contrasto con la consulenza di primo grado, rilevando che il padre medico non può andare esente da responsabilità: ha avuto un ruolo di cooperazione attiva all’intervento. Parimenti inammissibile, per le stesse ragioni, il motivo sollevato dalla dottoressa. “Anche in questo caso, infatti, la censura consiste in un’analisi critica delle valutazioni scientifiche effettuate dal consulente tecnico, senza che tuttavia venga indicato se e in quale sede, tali critiche siano state sollevate dalla difesa” della dottoressa nel giudizio di appello.

Viene giudicate esente da vizi logici la sentenza della Corte d’appello, posto che “…sostenere che l’intervento sia stato eseguito con la medesima modalità tecnica per entrambe le tube (come afferma la sentenza di appello, facendo proprio il ragionamento presuntivo dei consulenti tecnici di ufficio) non implica necessariamente riconoscere che esso sia stato correttamente eseguito da ambo i lati.”

L’errore medico per mancato rispetto delle “leges artis” è più plausibile della teoria della fistolizzazione tubo peritoneale. Da qui l’obbligo risarcitorio a carico di entrambi i medici dell’equipe e della ASL.

Il ”più probabile che non” è una delle regole di buon senso e, come in questo caso, uno dei dogmi giudiziari!

BIBLIOWEB:

Corte di Cassazione – 3° Sezione Civile Sentenza, n. 22532/2022 (PDF)

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Francesco Bondanini

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