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Il mobbing del datore di lavoro è Stalking aggravato

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Il mobbing del datore di lavoro è Stalking aggravato
(Last Updated On: 22 ottobre 2022)

Mobbing e stalking: quale rapporto

E’stato condannato per il reato di stalking aggravato, il presidente di una Srl che, per migliorare la produttività della sua azienda, ha tenuto condotte mobbizzanti nei confronti dei dipendenti, minacciandoli e sottoponendoli a rimproveri e umiliazioni, con lo scopo di isolarli e mortificarli nello stesso ambiente di lavoro. Questa decisione è contenuta nella Sentenza della Cassazione n. 12827/2022. La suprema corte ha chiarito come le condotte mobbizzanti possono integrare il reato di atti persecutori, di cui all’art. 612 bis c.p., se sono finalizzate a umiliare e isolare il dipendente attraverso l’abuso della propria posizione apicale

La vicenda. All’imputato viene contestato, nella sua qualità di presidente di una società di servizi e quindi in posizione apicale, di aver rivolto ai dipendenti, svolgenti funzioni di ausiliari del traffico, minacce di licenziamento e frasi denigratorie come pretestuose contestazioni di addebiti disciplinari, ingenerando un perdurante stato di ansia e paura, tanto che gli stessi sono stati costretti a cambiare abitudini di vita.

In sede di appello viene rivista, in parte, la decisione del tribunale con la quale è stata affermata la responsabilità penale dell’imputato per atti persecutori aggravati. E’ stata emessa la condanna prevista, sospesa condizionalmente al risarcimento del danno delle parti civili costituite.

L’imputato, nel ricorrere in Cassazione, con il primo motivo denuncia il travisamento di una missiva firmata dal Sindaco del Comune, in cui si afferma che tutti i provvedimenti presi nei confronti dei dipendenti, sono stati condivisi ed esaminati dal CdA, precisando che le attività gestorie sono finalizzate a migliorare la produttività della società. Alcuni dipendenti, in base a quanto afferma la missiva, avrebbero assunto atteggiamenti di resistenza ad alcuni cambiamenti aziendali, tanto che ne è nato un conflitto con le associazioni sindacali a causa di ordini di servizio e direttive di lavoro disattese dai dipendenti.

Come secondo motivo, lamenta la mancata ammissione di una testimonianza chiave sul contenuto e le circostante della missiva suddetta. Con il terzo, contesta il reato di atti persecutori addebitatogli, perché a tale conclusione la corte è giunta sulla base di una selezione indebita delle prove e perché “mobbing” e “atti persecutori” non sono sovrapponibili.

La Corte di Cassazione, che rigetta il ricorso perché infondato, evidenzia come la Corte di Appello nella sentenza oggetto d’impugnazione ha sottolineato che: “…per la sussistenza del delitto non basta il reiterato maltrattamento del lavoratore, ma occorre anche che le varie condotte rispondano a d un disegno preordinato”.

Mobbing sul lavoratore: stalking aggravato. Il mobbing, inteso come reiterata attuazione di condotte volte a esprimere ostilità verso la vittima e preordinate a mortificare ed isolare il dipendente nell’ambiente di lavoro, può integrare il delitto di atti persecutori (stalking), “… laddove produca nella vittima uno stato di prostrazione psicologica, che si manifesti in uno dei tre eventi previsti dall’art. 612 bis del c.p.

Passando quindi all’esame dei 3 motivi addotti, i Giudici ritengono il primo del tutto infondato. La Corte di Appello ha correttamente escluso dalle prove la missiva inviata dal Sindaco, che è stata valutata solo per escludere, a sua volta, la testimonianza dello stesso. Se la Corte avesse utilizzato la lettera, senza ammettere il Sindaco come testimone, avrebbe violato il principio dell’oralità.

Infondati anche il secondo ed il terzo motivo, perché la giurisprudenza di legittimità ha già ammesso che la condotta di mobbing è in grado di integrare il reato di atti persecutori, quando il datore pone in essere atteggiamenti plurimi e tutti convergenti nell’esprimere ostilità nei confronti del subordinato, mirando alla sua mortificazione e isolamento nell’ambiente di lavoro. Tali condotte “…ben possono essere rappresentate dall’abuso del potere disciplinare, culminante in licenziamenti ritorsivi tali da determinare un vulnus alla libera autodeterminazione della vittima, così realizzando uno degli eventi alternativi, previsti dall’art. 612 bis c.p.”

Nel caso di specie è emerso che l’imputato ha minacciato i dipendenti di “cementarli” in un pilastro, invitandoli a confrontarsi fisicamente con lui, sottoponendoli a rimproveri pubblici e a una serie di provvedimenti disciplinari, culminati in un licenziamento per ingenerare terrore negli altri. Non rileva che lo stesso, come sostiene, abbia agito per migliorare la produttività della società e neppure che le decisioni assunte siano state condivise dal CdA e dal Sindaco. Al contrario, entrambi sono da ritenere corresponsabili penalmente.

L’efficienza dell’azienda non può essere raggiunta con la persecuzione e l’umiliazione dei dipendenti o commettendo delitti verso le persone.

La tutela del lavoratore prevale sugli interessi economici !

BIBLIOWEB:

Corte di Cassazione Va sezione Penale Sentenza n. 12827/2022 (in PDF allegato)
Giornata europea contro la violenza sugli operatori sanitari https://newmicro.altervista.org/?p=9105
Licenziamento economico https://newmicro.altervista.org/?p=8392
Eccesso di Potere – il ricorso https://newmicro.altervista.org/?p=8366
Eccesso di Potere https://newmicro.altervista.org/?p=8354
Mobbing: da straining a bossing https://newmicro.altervista.org/?p=8239
Decesso da lavori forzati https://newmicro.altervista.org/?p=2940

 Corte di Cassazione V sezione Penale – Sentenza n. 12827/2022 (PDF)

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Francesco Bondanini

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