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Licenziamento: cambia l’articolo 18

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Licenziamento: cambia l’articolo 18
(Last Updated On: 7 luglio 2022)

Stop alla manifesta insussistenza del fatto nei licenziamenti oggettivi

LaCorte Costituzionale interviene sulle censure nella disciplina del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, che richiede il carattere manifesto dell’insussistenza del fatto, ai fini della reintegrazione. Con la sentenza n. 125/2022 cancella dall’art. 18 della n. 300/1970, come modificato dalla legge Fornero, il termine “manifesta” insussistenza del fatto, che è alla base del licenziamento oggettivo del datore di lavoro.

La Consulta stabilisce che il giudice non può sindacare nel merito di una scelta dell’imprenditore, ma limitarsi a una verifica di legittimità. Trattasi di un criterio indeterminato che presta il fianco a trattamenti iniqui. Esso non si fonda su una graduazione dei vizi per cui spetta al giudice e alle parti, verificare la più o meno marcata graduazione dell’eventuale insussistenza. Così, la “manifesta” insussistenza crea disuguaglianze.

Innanzi alla Corte Costituzionale viene sollevata dal Tribunale ordinario di Ravenna, in funzione di giudice del lavoro, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 18 comma 7, secondo periodo, della legge n. 300/1970, come modificato dalla legge Fornero n. 92/2012. La censura riguarda in particolare la disciplina del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, che richiede il carattere “manifesto” dell’insussistenza del fatto alla base del licenziamento.

Nel caso dibattuto, il giudice si trova a dover decidere in merito all’opposizione del datore di lavoro all’ordinanza che “ha reintegrato un lavoratore, licenziato tre volte nel giro di alcuni mesi, una delle quali per giustificato motivo oggettivo, le altre due per giusta causa.” L’opposizione del datore riguarda il licenziamento intimato al dipendente per giustificato motivo oggettivo. La questione in particolare riguarda “il carattere manifesto dell’insussistenza del fatto“.

Solo in relazione al licenziamento oggettivo infatti è “richiesta, ai fini della reintegrazione del lavoratore, una insussistenza manifesta del fatto e tale trattamento differenziato sarebbe sprovvisto di una plausibile ragion d’essere.” Ma tale previsione si pone in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, che sancisce il principio di uguaglianza. Essa inoltre è del tutto illogica e incerta nella sua applicazione, visto che il legislatore non fornisce un “preciso e concreto metro di giudizio, idoneo a definire il carattere manifesto dell’insussistenza del fatto.”

La disposizione violerebbe anche gli articoli artt. 1, 3, primo comma, 4, 24 35 della Carta Costituzionale. La Consulta, condividendo le ragioni addotte dal remittente, dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 18, settimo comma, secondo periodo, della legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificato dalla legge Fornero del 2012, limitatamente alla parola “manifesta”.

La Corte ricorda che, in relazione al licenziamento oggettivo “quando sia manifesta l’insussistenza del fatto posto alla base, opera la tutela reintegratoria.” Reintegrazione che è accompagnata dalla condanna del datore a riconoscere un’indennità risarcitoria, rapportata all’ultima retribuzione globale di fatto per il periodo che intercorre dalla cessazione del lavoro alla reintegrazione effettiva del dipendente.

Quando non ricorrono gli estremi del giustificato motivo oggettivo, il giudice dichiara la risoluzione del rapporto da licenziamento e condanna il datore a pagare un’indennità risarcitoria onnicomprensiva, compresa tra un minimo di dodici e un massimo di ventiquattro mensilità, dell’ultima retribuzione.

Il diritto del lavoratore a non essere licenziato si fonda sui principi di cui all’art. 4 e 35 Costituzione. In questi casi il ruolo del giudice è fondamentale perché è chiamato ad approntare un equilibrato sistema di tutele attraverso l’esercizio di un potere discrezionale. Ogni volta deve però tenere conto delle caratteristiche del caso concreto per individuare, seguendo le indicazioni fornite dalla legge, la tutela più efficace. Quando il datore licenzia il dipendente per ragioni oggettive, lo fa solo per motivi organizzativi e perché in base ad essi non è in grado di collocare altrove il lavoratore. Scelta che comunque rappresenta in questi casi l’estrema ratio.

Al fatto si devono dunque ricondurre l’effettività e la genuinità della scelta imprenditoriale. Su questi aspetti il giudice è chiamato a svolgere una valutazione di mera legittimità, che non può sconfinare in un sindacato di congruità e di opportunità. (…) Nell’ambito del licenziamento economico, il richiamo all’insussistenza del fatto vale a circoscrivere la reintegrazione ai vizi più gravi, che investono il nucleo stesso e le connotazioni salienti della scelta imprenditoriale, confluita nell’atto di recesso.”

In questa valutazione del giudice però il carattere manifesto riferito all’insussistenza del fatto posto a base del cessazione del rapporto, è del tutto indeterminato. Indeterminatezza che può condurre a disparità di trattamento. Infatti “il requisito della manifesta insussistenza demanda al giudice una valutazione sfornita di ogni criterio direttivo e per di più priva di un plausibile fondamento empirico.” Tale criterio inoltre non ha a che fare con il disvalore del licenziamento, che non risulta infatti più grave perché l’insussistenza del fatto è accertabile in giudizio.

La disciplina risulta pertanto inapplicabile a causa di uno squilibrio tra i fini enunciati e mezzi in concreto prescelti. Tutto questo finisce per complicare alcuni passaggi del processo poiché, a causa del “…accertamento, non di rado complesso, della sussistenza o della insussistenza di un fatto, essa impegna le parti e con esse il giudice, nell’ulteriore verifica della più o meno marcata graduazione dell’eventuale insussistenza.”

In conclusione, la “Manifesta Insussistenza del Fatto” nei licenziamenti oggettivi, con la sua indeterminatezza, crea disparità e come tale va annullata. Cambia l’articolo 18, con uno stop all’utilizzo di questa formula, che creava disparità di trattamento, situazione inaccettabile per la Consulta.

BIBLIOWEB: 

Corte Costituzionale – Sentenza n. 125-2022 (in PDF allegato)
Videosorveglianza e controllo lavoratori https://newmicro.altervista.org/?p=8495
Licenziamento economico https://newmicro.altervista.org/?p=8392
Licenziamento e certificato di malattia https://newmicro.altervista.org/?p=7907
Lavoro e Sorveglianza Sanitaria https://newmicro.altervista.org/?p=7333
TAR & DPO https://newmicro.altervista.org/?p=6488
La Reperibilità può costare il posto. Anche ai Primari https://newmicro.altervista.org/?p=6395
Il vademecum della Cassazione http://newmicro.altervista.org/?p=6312
Disabilità e Diritti http://newmicro.altervista.org/?p=5318

 Corte Costituzionale – Sentenza n. 125-2022 (PDF)

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Francesco Bondanini

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