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PS obbligo approfondire

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PS obbligo approfondire
(Last Updated On: 24 aprile 2022)

Le competenze infermieristiche e mediche

Laattività di pronto soccorso ospedaliero è sicuramente una delle più complesse in ambito sanitario, sia perché combatte contro il tempo, sia perché è il frutto di un’attività di equipe complessa, che deve sfociare in un risultato idoneo per il paziente. Non sempre il quadro trova le giuste soluzioni, anche perché non sempre è chiaro lo “step by step” dell’assistenza fornita, con un aspetto legale via via scandito dalle decisioni della Cassazione.

Con la Sentenza n. 45602 del 2021, la Suprema Corte (4° sezione Penale) ha ulteriormente definito l’ambito dell’obbligo di garanzia gravante sul medico di Pronto Soccorso, che in generale viene definito dalle specifiche competenze di quella branca della medicina definita medicina d’emergenza o d’urgenza. In tale ambito rientrano l’esecuzione di taluni accertamenti clinici, la decisione circa le cure da prescrivere e l’individuazione delle prestazioni specialistiche eventualmente necessarie.

Può ritenersi correlata a tali doveri la decisione inerente al ricovero del paziente ed alla scelta del reparto a ciò idoneo, mentre l’attribuzione della priorità d’intervento, detta triage ospedaliero, è procedura infermieristica. Quindi è responsabile il medico del pronto soccorso che non approfondisce le condizioni del paziente con esami di laboratorio e strumentali, omettendo l’anaòisi differenziale che gli avrebbe permesso d’individuare una causa del dolore del paziente diversa da quella rilevata e curata inizialmente e d’intervenire tempestivamente, scongiurando così il decesso.

Il fatto. La vicenda ha inizio quando il paziente, accusando forti dolori alla zona lombare, viene visitato dal medico del pronto soccorso imputato, che dopo un solo esame obiettivo superficiale lo dimette, senza sottoporre l’uomo a esami strumentali e di laboratorio. Approfondimenti che avrebbero permesso d’intervenire tempestivamente sul fenomeno ulceroso in atto e che avrebbero evitato il peggioramento delle condizioni, il ritardo dell’intervento chirurgico e quindi il decesso dell’uomo.

Il paziente, infatti, dopo le prime dimissioni, si è recato nuovamente al pronto soccorso. In quella occasione la peritonite era già in atto, tanto che veniva ricoverato immediatamente e programmato un intervento chirurgico, non eseguito a causa dell’improvviso decesso.

E’ stato accertato dai consulenti, in sede di merito, che la peritonite era stata causata da un’ulcera duodenale, “sottovalutata al primo accesso in pronto soccorso, non essendo stato eseguito l’esame emocromocitometrico, che avrebbe potuto evidenziare una leucocitosi neutrofila, dunque l’esistenza della peritonite” e che la somministrazione dei medicinali prescritti, senza gastro protettore, abbia contribuito all’aggravamento delle condizioni del paziente. Per di più la mancata esecuzione di un’ecografia può aver accelerato la perforazione!

In sede di appello viene riformulata in senso assolutorio la sentenza del Tribunale che, in prima istanza, aveva condannato il medico del pronto soccorso per il reato di omicidio colposo, per negligenza, imperizia e imprudenza avendo omesso ulteriori controlli, anche diagnostici, tanto che alla fine il paziente è deceduto a causa di un arresto cardiocircolatorio e respiratorio, conseguenti ad una peritonite da perforazione del tratto digestivo.

La motivazione della Cassazione, che si dilunga sull’analisi dell’esistenza del nesso di causa in base a quanto previsto dagli articoli 40 e 41 del codice penale, contiene degli stralci di rilievo da segnalare, grazie ai quali è possibile comprendere le ragioni per le quali il medico del pronto soccorso deve essere ritenuto responsabile del decesso del paziente.

Prima di tutto “l’ambito dell’obbligo di garanzia gravante sul medico di Pronto Soccorso può, in generale, ritenersi definito dalle specifiche competenze che sono proprie di quella branca della medicina che si definisce medicina d’emergenza o d’urgenza.” Sono diversi i casi nei quali la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto il medico di pronto soccorso “responsabile del decesso del paziente per non aver disposto gli idonei accertamenti clinici o per non aver posto una corretta diagnosi in modo da indirizzare il paziente in reparto o luogo di cura specialistico.”

Occorre inoltre considerare che “…a fronte della possibilità di una diagnosi differenziale non ancora risolta, costituisce obbligo del medico, al quale sia stato sottoposto il caso, compiere gli approfondimenti diagnostici necessari per accertare quale sia l’effettiva patologia che affligge il paziente e adeguare le terapie in corso a queste plurime possibilità.”

Questo perché “fino a quando il dubbio diagnostico non sia stato risolto e non vi sia alcuna incompatibilità tra accertamenti diagnostici e trattamenti medico chirurgici, il medico che si trovi di fronte alla possibilità di diagnosi differenziale non deve accontentarsi del raggiunto convincimento di aver individuato la patologia esistente quando non sia in grado, in base alle conoscenze dell’arte medica da lui esigibili (anche nel senso di chiedere pareri specialistici), di escludere patologie alternative, proseguendo gli accertamenti diagnostici e i trattamenti medico chirurgici necessari.”

Il giudice di merito, in base alle suddette precisazioni, avrebbe dovuto quindi accertare prima di tutto se, in base ai dati a sua disposizione, il medico avrebbe potuto influenzare il corso degli eventi e poi, se il sanitario, in base alle sue conoscenze, avrebbe dovuto procedere alla diagnosi differenziale “considerato che costituisce obbligo del medico valutare tutte le possibili ipotesi diagnostiche connesse a una determinata sintomatologia, soprattutto nel caso in cui i sintomi possano essere indicativi di diagnosi di maggiore gravità rispetto a quella più evidente.”

La Corte territoriale ha quindi errato perché si è limitata a prendere per buoni i dati dei consulenti, i quali sono giunti alla conclusione che “non vi era certezza assoluta dell’efficacia salvifica della condotta alternativa corretta, in definitiva omettendo di svolgere il giudizio controfattuale, che impone al giudice di elaborare il dato tecnico-scientifico“.

La motivazione inoltre è contraddittoria perché, nonostante i consulenti di parte e del PM abbiano affermato “…la sussistenza di tutte le condizioni per una diagnosi differenziale previo esame emocromocitometrico o ultrasonografia ed esame ecografico, i giudici di appello hanno immotivatamente tratto la conclusione che neppure vi fosse certezza circa la possibilità di una diagnosi differenziale.” La decisione inoltre è contraddittoria “nella parte in cui ha escluso il nesso di causalità ritenendo la patologia non ancora eclatante e tuttavia ritenendo non risolutivo l’intervento chirurgico nonostante il basso tasso di mortalità.”

La Cassazione annulla quindi la sentenza agli effetti civili e rinvia al giudice competente, in grado di appello, affinché provveda anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

BIBLIOWEB:

Corte di Cassazione, Sezione 4a Penale Sentenza n. 45602/2021 (in PDF allegato)
Mancata diagnosi https://newmicro.altervista.org/?p=9024
La colpa è una somma di elementi https://newmicro.altervista.org/?p=8656
Responsabilità medica della struttura sanitaria https://newmicro.altervista.org/?p=8106
Ritardo di Guarigione https://newmicro.altervista.org/?p=7138
Perdita di chance https://newmicro.altervista.org/?p=6712
Il Vademecum della Cassazione https://newmicro.altervista.org/?p=6312
Nesso di causalità https://newmicro.altervista.org/?p=6120
Nei Giudizi la statistica non basta https://newmicro.altervista.org/?p=5892
Colpa Grave, colpa lieve https://newmicro.altervista.org/?p=5505
Il ritardo è colpevole https://newmicro.altervista.org/?p=5451
Linee Guida e Buone pratiche https://newmicro.altervista.org/?p=5017

 Corte di Cassazione – Sezione 4a Penale – Sentenza n. 45602/2021 (PDF)

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Francesco Bondanini

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