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Mancata diagnosi

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Mancata diagnosi
(Last Updated On: 3 febbraio 2022)

Autodeterminazione, perdita di chance, ritardata diagnosi, responsabilità medica

LaCassazione torna ad occuparsi del delicato tema della mancata diagnosi di una malattia inguaribile. Con la sua sentenza, coglie l’occasione per chiarire alcuni aspetti del diritto di autodeterminazione, precisando che il bene oggetto di lesione non è soltanto la salute, ma anche il diritto del paziente di scegliere autonomamente come vivere la fase terminale della propria vita.

Il caso riguarda la mancata diagnosi di una malattia oncologica (melanoma), nei confronti di una paziente che si era sottoposta a controllo dal proprio medico dermatologo. Sia in primo grado di giudizio che in Corte d’appello, il medico non veniva considerato responsabile del decesso della paziente. Nonostante fosse stato riconosciuto che il medico non si era accorto immediatamente della presenza di un melanoma, era stato dimostrato che, sin dalla prima visita, la malattia era già in uno stato avanzato di metastasi.

In altre parole, la malattia era da considerarsi non guaribile sin dal primo consulto, pertanto il decesso sarebbe stato comunque inevitabile, anche se il dermatologo si fosse accorto della presenza del melanoma e del conseguente stato metastatico. In particolare, non risultava provato che una immediata corretta diagnosi avrebbe garantito un prolungamento della vita della paziente. Ma gli eredi sono ricorsi in Cassazione.

Così la Corte di Cassazione (Sezione III Civile, sentenza n. 34813/2021, presidente Giacomo Travaglino), ha avuto modo di precisare, in tema di risarcimento del danno non patrimoniale (sulla base di alcuni precedenti giurisprudenziali), che l’aspetto rilevante della questione non risiede nell’inevitabilità dell’esito infausto della patologia, ma nella possibilità, negata alla paziente, di gestire con consapevolezza e con decisioni proprie, l’ultima fase della vita.

In altre parole, la mancata o ritardata diagnosi della patologia oncologica, ha impedito alla paziente non solo di decidere se e a quale trattamento sottoporsi, ma anche di affrontare il resto della propria vita e delle proprie scelte quotidiane, con la consapevolezza che la malattia (peraltro ignorata), avrebbe avuto certamente esito infausto.

Con particolare riferimento al diritto alla salute, che pure risultava leso dalla mancata conoscenza della malattia, veniva citato il principio di diritto già espresso con il precedente provvedimento (Cass. ord. 7260/18), con cui era evidenziato che “in caso di colpevoli ritardi nella diagnosi di patologie ad esito infausto, l’area dei danni risarcibili non si esaurisce nel pregiudizio recato alla integrità fisica del paziente, ma include il danno da perdita di un ‘ventaglio’ di opzioni, con le quali affrontare la prospettiva della fine ormai prossima”.

Veniva quindi negata alla paziente la possibilità di autodeterminarsi. Una fondamentale libertà di scelta, riguardante non solo l’eventuale attivazione di una terapia ma anche la possibile ricerca di alternative d’indole meramente palliativa e la stessa decisione di vivere le ultime fasi della propria vita, nella consapevole accettazione della sofferenza e del dolore, senza ricorrere obbligatoriamente all’ausilio di un intervento medico, giacché tutte queste scelte “appartengono, ciascuna con il proprio valore e la propria dignità, al novero delle alternative esistenziali“.

Da quanto esplicitato nella sentenza, si evince che il danno alla persona derivante da responsabilità medica, in caso di mancata diagnosi di malattia terminale, non riguarda solo il bene della vita “salute“, comunque coinvolto nella scelta della terapia palliativa da attuare, ma anche il diritto di “autodeterminarsi” nella scelta di vita, in virtù di una corretta conoscenza del proprio stato di salute.

In tal senso, il diritto alla autodeterminazione (lesione che ha impedito alla paziente la consapevole predisposizione e organizzazione materiale e spirituale del proprio tempo residuo), si distingue dalla fattispecie della perdita di chance, poiché la condotta colpevole del sanitario non ha avuto alcuna incidenza causale sullo sviluppo della malattia, sulla sua durata e sull’esito finale (cfr. Cass. 29983/19).

Le precisazioni, contenute nella sentenza, sottolineano una fattispecie diversa di danno non patrimoniale da ritardata diagnosi, differenziandolo dalla sola “perdita di chance”, chiarendo ulteriormente l’ambito del “diritto di autodeterminazione e di responsabilità medica”.

BIBLIOWEB:

Corte di Cassazione, Sezione III Civile, sentenza n. 34813 del 17 novembre 2021 (in PDF  allegato)
Danno iatrogeno “in itinere” https://newmicro.altervista.org/?p=8932
Consenso Informato e danni richiedibili https://newmicro.altervista.org/?p=8183
Responsabilità medica della struttura sanitaria https://newmicro.altervista.org/?p=8106
Ritardo di Guarigione https://newmicro.altervista.org/?p=7138
Perdita di chance https://newmicro.altervista.org/?p=6712
Il Vademecum della Cassazione https://newmicro.altervista.org/?p=6312
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Linee Guida e Buone pratiche https://newmicro.altervista.org/?p=5017

 Corte di Cassazione, Sezione III Civile, sentenza n. 34813 del 17 novembre 2021 (PDF)

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Francesco Bondanini

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