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Consenso informato o risarcimento

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Consenso informato o risarcimento
(Last Updated On: 30 aprile 2019)

Senza adeguato consenso informato, il medico deve risarcire il paziente

Dopo l’ultima legge sul consenso informato (“Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento” del 22 dicembre 2017, n. 219) è cambiata anche a livello giurisprudenziale la definizione (e i limiti) che tale atto comporta. Sul Consenso si è espresso recentemente il Garante di Dati Personali, ma l’ambito esula dall’aspetto Civile e Penale. L’acquisizione del consenso informato o del dissenso è un atto “non delegabile”, di specifica ed esclusiva competenza del medico, come afferma l’art.35 del codice deontologico medico – 2014.

Il consenso informato configura ed esprime forma ed orientamento della volontà dell’assistito; nel suo ambito le parti sono tenute ad operare in buona fede (art. 1377 CC) e nel rispetto dei diritti costituzionali (articoli 2, 13 e 32). Il primo articolo disciplina le linee generali: nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso “libero e informato” della persona interessata (tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge). Viene  citata la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (1- Dignità umana, 2 – Diritto alla vita e 3 – Diritto all’integrità della persona).

La Giurisprudenza inevitabilmente va divisa su basi “temporizzate”, in base alle leggi di riferimento, ma soprattutto a quelle che “innovano” il tema trattato, come la 219/2017, considerando che è la prima legge che lo definisce, per il contesto italiano. Quindi è bene prendere in considerazione i pronunciamenti  della Cassazione successivi alla data di entrata in vigore. Ne citiamo alcuni del 2019.

Sentenza n. 10423/19 (15 aprile). La Corte di Cassazione Civile, 3° sezione, ha ribadito che in presenza di un atto terapeutico necessario e correttamente eseguito, in base alle regole dell’arte, dal quale siano tuttavia derivate conseguenze dannose per la salute, ove tale intervento non sia stato preceduto da un’adeguata informazione del paziente circa i possibili effetti pregiudizievoli non imprevedibili, il medico può essere chiamato a risarcire il danno alla salute solo se il paziente dimostri, anche tramite presunzioni, che, ove compiutamente informato, egli avrebbe rifiutato verosimilmente l’intervento, non potendo altrimenti ricondursi, all’inadempimento dell’obbligo di informazione, alcuna rilevanza causale sul danno alla salute

Ordinanza 6449 (6 marzo 2019). Tali concetti erano stati oggetto di trattazione da parte della Corte di Cassazione Civile, 6° sezione,  che aveva confermato la condanna al risarcimento, da parte della struttura in cui il medico (nel frattempo defunto) operava.  Il principio su cui si è basata l’ordinanza è che se manca il consenso informato, i sanitari sono tenuti a risarcire il paziente delle conseguenze dannose derivate da un intervento, anche se questo è stato correttamente eseguito e la correttezza è stata accertata in giudizio.

Per la Corte di Cassazione la necessità del consenso informato del paziente (anche prima dell’entrata in vigore delle norme che lo hanno regolamentato) era desumibile dai principi generali dell’ordinamento, quindi non aveva necessità di una previsione specifica ed era valida anche all’epoca dell’intervento su cui si basa la richiesta di risarcimento.

Per la Struttura, il paziente sarebbe stato, a suo tempo, adeguatamente informato dei rischi dell’intervento, “ma tale deduzione – sottolineano i giudici – è stata ritenuta dalla Corte di merito, insufficiente, posto che si fondava su una deposizione (quella della madre del paziente) talmente generica che non consentiva di comprendere quali informazioni fossero state realmente fornite“.

Ordinanza 5487 (26 febbraio 2019). La Cassazione ha esplicitato le nuove regole che stabiliscono che è il danneggiato a dover provare il nesso causale tra l’azione del medico ed il danno subito. Ma la Cassazione ha anche affermato che il “danneggiante” deve comunque provare l’impossibilità a seguire un comportamento alternativo, per essere assolto.

A chi spetta l’onere della prova? La Cassazione chiarisce i compiti del medico e del paziente. Nell’ambito della responsabilità medica, occorre distinguere un ciclo causale relativo al danno, che deve provare il paziente ed un altro, relativo all’impossibilità di adempiere, da parte del medico.

Nell’ordinanza, i giudici sottolineano che il primo ciclo causale è relativo all’evento dannoso (exitus per episodio ischemico) e l’onere della prova, in giudizio, grava sul creditore/danneggiato, che agisce per il risarcimento. Va accertato se …”la diligenza dei sanitari sia stata provata (come era suo onere), realizzando una prima violazione del principio della vicinanza della prova e ciò avendo la parte attrice evidenziato quali fossero i profili di negligenza imputati ad essi”.

Se l’istruttoria condotta nel corso del giudizio lascia incertezze, circa la causa del danno o dell’impossibilità di adempiere, le conseguenze negative, con riferimento all’onere della prova, restano in capo all’attore nel primo caso e del convenuto nel secondo.

Chi dichiara di essere stato danneggiato da un trattamento (od omesso trattamento) medico- sanitario, deve dimostrare il nesso di causalità tra l’insorgenza di una patologia o il suo aggravamento e la condotta del sanitario. La morte del paziente…fu causata da un problema cardiaco e poiché gli odierni ricorrenti “hanno sempre affermato che l’esecuzione degli esami omessi avrebbe consentito una diagnosi tempestiva e permesso di monitorare la situazione, evitando la morte per ischemia”, sarebbe spettato alla convenuta “provare che la morte sarebbe egualmente avvenuta oppure che la sua causa andava rinvenuta in altro evento imprevisto e/o imprevedibile”.

Per la Cassazione “mentre la parte attrice, dopo aver provato il ‘contatto sociale’ tra il paziente e la struttura, avrebbe anche evidenziato che la prescrizione – da parte di uno dei sanitari che ebbero in cura il paziente – di accertamenti più approfonditi, per di scongiurare la presenza di una patologia cardiaca, avrebbe evitato la morte del paziente per attacco ischemico, la convenuta non ha fornito la prova che all’esito della loro esecuzione ‘nulla sarebbe stato riscontrato sotto il profilo cardiologico’ ”. E ciò, a maggior ragione, a fronte delle risultanze di una consulenza secondo cui gli accertamenti diagnostici omessi e l’utilizzo del defibrillatore, il giorno della morte, avrebbero consentito la sopravvivenza del paziente, secondo la regola ‘del più probabile che non“.

Il debitore danneggiante deve provare l’impossibilità di adempiere (secondo ciclo causale). Deve dimostrare che la prestazione è stata resa impossibile da una causa imprevedibile e inevitabile. I Sanitari si limitarono chi a consigliare un controllo del medico curante (eventualmente anche per un’impegnativa di elettrocardiogramma), chi invece a somministrare una terapia con antinfiammatori non steroidei, senza disporre essi stessi l’elettrocardiogramma o un rilievo per la troponina oppure l’emogasanalisi, mostrando così di reputare “non grave né urgente la situazione clinica del paziente“.

Il tema ricorre di continuo, nella pratica professionale e nei commenti a sentenze, che abbiamo già ospitato sul sito. Speriamo di aver riassunto, magari non in modo esaustivo, i criteri di base del Consenso Informato e quanto si aspettano, da noi, la Cassazione (ed i Pazienti). Compito non semplice, ma alla base del rapporto di cura e dei contesti nei quali tutti operiamo.

BIBLIOWEB:

Cassazione VI sezione civile,  ordinanza 6449/2019 (in PDF allegato)
Cassazione Civile, ordinanza 5487/2019 (PDF)
Cassazione Civile, Sentenza n. 10423/2019 (PDF)
Cassazione: colpa lieve & irresponsabile http://newmicro.altervista.org/?p=5686
Consenso informato “Garantito” http://newmicro.altervista.org/?p=5655
Colpa Grave, colpa lieve http://newmicro.altervista.org/?p=5505
Cassazione: conta anche la situazione del paziente http://newmicro.altervista.org/?p=5349
C’è chi dice di no (Cassazione) http://newmicro.altervista.org/?p=5202
Medici “salvi” se la paziente non si cura http://newmicro.altervista.org/?p=4749
L’urgenza prevale sul consenso informato http://newmicro.altervista.org/?p=4555
Quando scatta la colpa medica http://newmicro.altervista.org/?p=4017
DAT e consenso informato http://newmicro.altervista.org/?p=3801

 

 Cassazione VI sezione civile,  ordinanza 6449/2019 ,  ordinanza 5487/2019, Sentenza n. 10423/2019 (PDF)

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Giovanni Casiraghi

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