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Di che protesi sei?

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Di che protesi sei?
(Last Updated On: 20 luglio 2017)

Lamastoplastica additiva è la pratica di chirurgia estetica più diffusa in tutto il mondo, con oltre 1,5 milioni di procedure effettuate nel 2015 e la tendenza è in aumento. Sono molti i possibili approcci tecnici a questa pratica. La procedura non è ben standardizzata e questo dovrebbe far riflettere.

Recentemente è stato effettuato  un sondaggio online (presso l’ospedale di Monaco di Baviera, coordinato da Niclas Broer) articolato in 38 domande ed indirizzato a 628 chirurghi. Sono stati chiesti pareri relativamente alle attuali controversie sul tema, alle nuove tecnologie, alle pratiche più comuni, alle considerazioni tecniche ed alle caratteristiche dei loro pazienti.

I risultati: nella maggior parte dei paesi dell’Europa, dell’Asia e dell’Oceania, i chirurghi utilizzano impianti che hanno una forma anatomica, mentre negli Stati Uniti ed in America Latina il 90% utilizza impianti “tondeggianti”. I “Surgeons USA” hanno spiegato i principali motivi per cui non utilizzano “modelli anatomici”: il costo elevato e la mancanza di prove circa la loro superiorità.

Più di due terzi dei chirurghi statunitensi e australiani adottano impianti di dimensioni superiori a 300 cc, un terzo impiega addirittura dimensioni maggiori di 350 cc. Le pratiche chirurgiche differiscono anche per la tecnica e per il post operatorio. Molti chirurghi effettuano incisioni simili ad una tasca d’impianto e la maggior parte usa antibiotici già durante l’anestesia. In tutto il mondo, oltre l’80% dei chirurghi usa solo componenti “pure” (al 100%) di silicone. Negli Stati Uniti le adotta solo il 22% !

Negli Stati Uniti ed in Asia più della metà dei chirurghi raccomanda un massaggio post-intervento, mentre in tutti gli altri Paesi, i chirurghi non lo fanno. Un punto d’incontro è stato trovato su di un elemento importante: la maggioranza dei chirurghi ha affermato che gli impianti non rendono più difficile rilevare anomalie attraverso le mammografie.

Le protesi ostacolano però il passaggio del segnale elettrico dal cuore alle derivazioni precordiali (a rischio soprattutto quelle da V1 a V4) e possono determinare, al ECG, artefatti interpretabili come segni di ischemia (inversioni dell’onda T e sotto-slivellamento del tratto ST). L’invito degli esperti è dunque quello di procedere sempre al monitoraggio degli enzimi di miocardionecrosi, per ridurre l’errore diagnostico. I medici dovrebbero dunque essere consapevoli del fatto che l’interpretazione del ECG potrebbe essere fuorviante, nelle pazienti portatrici di impianti mammari e le donne dovrebbero sempre informare i propri medici della presenza protesica.  Sarebbe indicato avere una registrazione ECG da tenere in archivio, prima di sottoporre una paziente ad impianto, così da poterlo utilizzare in futuro, come parametro di confronto

Sembra evidente che le procedure debbano essere standardizzate, possibilmente utilizzando le pratiche migliori ed includendo linee guida sull’utilizzo degli antibiotici, sulla tecnica di incisione, sulla posizione e la tasca dell’impianto, oltre a dei riferimenti per artefatti nel ECG.  

Da laboratoristi, ci permettiamo di sottolineare (a maggior ragione in questi casi) che il riferimento (o gold standard)  rimane la troponina !

BIBLIOWEB:

Heidekrueger P I, Sinno S, Hidalgo D A, Colombo M, Broer P N. Current Trends in Breast Augmentation:  International Analysis. Journal of Surgery Aesthetic  07 June 2017
https://academic.oup.com/asj/article-abstract/doi/10.1093/asj/sjx104/3861996/CurrentTrends-in-Breast-Augmentation-An?redirectedFrom=fulltext
https://www.surgery.org/sites/default/files/2016-quick-facts.pdf
https://www.surgery.org/sites/default/files/ASAPS-Stats2016.pdf

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Sandro Pierdomenico

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