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Cosa cambia in laboratorio

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Cosa cambia in laboratorio
(Last Updated On: 11 luglio 2017)

Da Pre a Post Analitica in Microbiologia

Sosserviamo globalmente gli esami di laboratorio, un “occhio di riguardo” va sicuramente riservato alla microbiologia, che pur avendo i criteri generali in comune con le altre specializzazioni mediche, esprime sicuramente alcune particolarità, specie nelle fasi pre e post analisi.

L’adozione del modello Hub & Spoke ha spesso portato a redigere un manuale di raccolta dei “campioni primari” per il settore prelievi (e non solo), con la formalizzazione degli esami eseguibili e delle informazioni di corretta raccolta, ma anche (se richiesto) di consenso informato, di compilazione della richiesta e delle manipolazioni necessarie, tra il momento del prelievo e la consegna in laboratorio. Questa parte ha assunto proporzioni maggiori  in rapporto al bacino d’utenza del HUB di riferimento: in pratica tanto più è vasta l’area, tanto più informazioni devono essere fornite “in periferia”.

Paradigmatico che nella fase preanalitica si verifichino situazioni limite: nel trasporto (a temperatura ambiente) della durata media di due ore, la popolazione batterica aumenta di sessantaquattro volte (26). Si impongono quindi modalità specifiche, per le diverse matrici da analizzare e le regole risultano differenti a seconda che si voglia esaminare un campione di sangue, urine, feci o biopsie. Al laboratorio di microbiologia viene chiesto di fornire il “giusto mezzo”. Tampone floccato docet!

Molte novità poi riguardano la tecnologia microbiologica. L’automazione è arrivata anche in questo settore: le particolarità della semina automatica (Wasp, Kiestra, ecc.), la modifica del work flow analitico, come nel caso del Maldi Tof, per arrivare a quello che è un settore in continua evoluzione, l’urgenza in microbiologia, sempre più “pathology oriented”. Non a caso la Tele-microbiologia ha aperto un dibattito sulla validazione e refertazione da remoto, tutt’altro che sopito.

Ma proprio queste novità, all’interno della professione “microbiologo”, hanno definito i compiti nelle diverse fasi operative. Se in quella analitica la tecnologia e la robotizzazione ci spingono a gestire nuovi strumenti (e nuove conoscenze), nella fase pre-analitica ci viene richiesta la competenza per definire cosa e come fare (come le funzioni svolte dai ranger per orientare l’armata – fase analitica), comunicando con chi raccoglie i campioni.

Diventa essenziale, oltre a definire le malattie sostenute da patogeni franchi (nei soggetti normoreattivi), anche poter identificare i patogeni opportunisti, in soggetti con difese compromesse, che sono una vera nuova frontiera nella diagnostica delle malattie infettive, con la classe dei batteri multiresistenti, in crescita esponenziale, a livello mondiale ed anche da noi preoccupano seriamente. Nella fase post-analitica poi, a fronte della comunicazione del dato “naif” sempre di più ci viene richiesto di interpretare il risultato, per orientare il clinico ad una corretta “antimicrobial stewardship”. Attività che condividiamo con gli infettivologi.

Per sintetizzare: sempre più spesso ci viene chiesto di “fare l’interprete” del mondo sconosciuto ed affascinante della microbiologia.

La competenza risulta quindi premiante e lo sviluppo delle conoscenze essenziale.

BIBLIOWEB:

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Romualdo Grande

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